Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

domenica 26 gennaio 2014

Legge elettorale: la faccia IL POPOLO non la politica, a proprio uso e consumo. Ecco come:

La Legge NON è la mia materia, tanto meno lo è la Legge elettorale. Tuttavia mio è l'interesse a cercare di fornire un contributo, sia puramente "di opinione" sia, se possibile, mirato a raccogliere un minimo di consenso generale, su quelle che possono essere le idee che in queste righe possano venire fuori.

Intanto una premessa:
dalla proposta di Renzi sulla nuova idea di legge elettorale in poi, s'è scatenato il putiferio. E siamo ad oggi, con un ritardo mostruoso su quella che doveva essere una priorità del governo incaricato Monti: gettare le premesse per la prospettiva di nuove elezioni politiche successive, con un sistema elettorale minimamente "decente". Finora nessuno ha fatto nulla in questa direzione. Quando qualcuno come il sindaco di Firenze nella fattispecie propone qualcosa, tutti scendono in campo a mettere i bastoni fra le ruote.
Nonostante questo, è di venerdì scorso il si della Commissione Affari Costituzionali sul testo base della riforma proposta da Matteo Renzi. Un passo avanti? In quale direzione?

Entriamo nel vivo della questione.
L'idea di Renzi, mi pare (e chiedo correzione a chi ne sa di più), sia niente altro che un "porcellum" più evoluto. Sicuramente adattato alle esigenze attuali, ma pur sempre una legge che favorisce un sistema proporzionale, con il cosiddetto "premio di maggioranza". Il dubbio è sul doppio turno SI o doppio turno NO. Cioè bisogna decidere se prevedere o meno la possibilità di eventuali ballottaggi, in casi di maggioranze numericamente esigue ottenute alle consultazioni elettorali.
Questo vuol dire che le preferenze degli Italiani saranno "proporzionalmente" assegnate a coloro i quali vogliono continuare ad occupare certe poltrone, i quali saranno premiati per di più con un "bonus" di voti aggiunti, predeterminato in proporzione, ancor prima di andare a votare.

Il meccanismo di gestione dei voti ha due momenti:

  1. ANTE Decidere "come" spartire i voti raccolti,
  2. POST Spartire i voti raccolti.
All'elettore è dato "pro forma" di andare a mettere una X sulle schede elettorali, con tutti i dubbi e le perplessità che ne conseguono.

Quali sono le possibilità degli Italiani, a questo punto, di poter dire di essere governati da persone votate alle urne? Quali sono, a questo punto, le premesse di una DEMOcrazia?

Tenendo presente che tutto il Movimento 5 Stelle proprio su questo poggia gran parte della propria azione (ma al momento non mi pare sia venuto fuori dai 5Stelle niente di costruttivo e valido), certo non si può negare il valore di una qualsivoglia protesta, contro un sistema che è la negazione in via di principio di una DEMOcrazia. E siccome al netto dei vari «Tutti fuori, tutti a casa!» e dell'ostruzionismo spinto, dai 5Stelle nulla di nuovo arriva ancora adesso, sarebbe il caso di riflettere su alcune cose e, magari, farsi venire in mente qualche idea concreta e realizzabile.

SPUNTI DI RIFLESSIONE:

  1. Per quanto poco possa piacere, bisogna ammettere l'esigenza di adattare il meccanismo elettorale alle mutate condizioni storiche e politiche e tenendo conto del fenomeno dell'astensionismo. Ma questa cosa, in un Paese normale e con un minimo di stabilità politica, può accadere sporadicamente, non certo con la frequenza con cui accade in Italia (quasi ogni volta che si approssimano le elezioni politiche per il rinnovo del Governo).
  2. A mio parere, andare a votare significa dare alla Collettività l'onere e il diritto di scegliere chi deve rappresentarla e chi ottiene la maggioranza dei voti, vince. Invece ci ritroviamo sul groppone un altro sistema "proporzionale". Imposto dall'alto, senza che gli elettori abbiano la possibilità di intervenire nel processo di elaborazione delle "regole del gioco".
  3. Quando si prepara una Legge elettorale, il grosso del lavoro sta nell'avere il "placet" sul piano costituzionale. Dopo è il momento delle miriadi di emendamenti, con relativa confusione e perdita ulteriore di tempo. Ma quanto costituzionale può essere il fatto che chi occupa le poltrone, in vista di un successivo rimescolamento delle carte alle urne, stabilisca le regole del gioco (al fine di garantirsi la poltrona anche dopo)? Quanto lecito può essere, in via di principio, il fatto che la legge elettorale sia proposta e realizzata all'interno dei centri del potere? Non è ravvisabile quanto meno un certo conflitto di interessi?

Se si volesse rispettare il principio elettorale di una DEMOcrazia, la facoltà di stabilire le sorti di chi occupa i centri del potere dovrebbe spettare all'elettorato. Perciò a mio avviso il processo di elaborazione e approvazione della Legge elettorale NON deve spettare al Governo, né al Parlamento (tanto più adesso che il Governo si approssima a stabilire le sorti anche del Parlamento, con l'idea di abolizione/riduzione del Senato).

Chi decide cosa, allora? E perché?
A mio avviso sarebbe opportuno istituire una Commissione (ESTERNA a Governo e Parlamento) Garante per il regolare e "certo" svolgimento delle operazioni elettorali, a partire dalla stessa elaborazione e approvazione della Legge elettorale. Mi riferisco ad una Commissione composta da avvocati, giuristi, magistrati e docenti universitari (di Atenei pubblici) con requisiti e compiti specifici.
Requisito essenziale per i membri della Commissione dovrebbe essere il fatto di NON avere alcun passato di attività politica, né risultare militanti a vario titolo nelle diverse compagini politiche.
Compito essenziale al quale dovrebbero essere chiamati, dovrebbe essere quello di lavorare collegialmente sia alla elaborazione e all'approvazione della Legge elettorale, sia al controllo su base regionale della correttezza e del regolare svolgimento delle diverse operazioni di voto, in sostituzione alle rappresentanze di lista. La Commissione dovrebbe riunirsi e operare tutte le volte che sarà necessario convocare gli Elettori alle urne.

Quali poteri della Commissione?
Le decisioni della Commissione Garante dovrebbero essere insindacabili e dovrebbero obbligare Governo e Parlamento ad operare di conseguenza. Un modello di Legge elettorale proposto dalla Commissione potrebbe poi essere discusso, in Parlamento o dalle forze politiche operanti. Dovrebbe essere ammessa la possibilità di proporre emendamenti. Ma la decisione ultima, con riserva di accettare o meno le proposte della politica al riguardo, dovrebbe spettare esclusivamente alla Commissione.

Quali i periodi di mandato della Commissione e quale interesse personale dei Membri a prendervi parte?
Il mandato dei Membri della Commissione dovrebbe essere unico e strettamente legato alle esigenze elettorali del momento. Dovrebbe essere prevista la riconferma della stessa persona, sulla base di quanto la stessa risulterà rinominabile, come descritto nel punto successivo.
Per quanto riguarda l'interesse dei singoli Membri della Commissione ad essere nominati e ad operarvi all'interno, dovrebbe essere previsto un meccanismo remunerativo basato su due criteri:

  • uno stipendio erogato dallo Stato (tenendo conto di quanto costano le elezioni allo Stato e di quanto guadagnano i singoli professionisti coinvolti).
  • ritorno di immagine e di popolarità di ogni singolo professionista, all'interno del proprio ambito professionale.

Chi garantisce per il Garante?
La nomina dei membri della Commissione dovrebbe avvenire secondo i più moderni criteri di partecipazione e di valutazione democratica e popolare. Dovrebbe essere istituita una piattaforma informatica pubblica, una specie di social network, all'interno del quale gli aspiranti membri della Commissione dovrebbero manifestare la propria attività in maniera libera, allo scopo di farsi conoscere e, eventualmente, farsi preferire al momento della costituzione della Commissione. Il meccanismo delle preferenze all'interno del social network istituito dovrebbe essere quello classico del "mi piace" alla maniera di Facebook. Gli aspiranti membri dovrebbero avere tutto l'interesse a far aumentare la propria popolarità e l'apprezzamento del pubblico, partecipando attivamente alle discussioni prodotte. Dovrebbe esistere una sorta di "contatore" che, in tempo reale, dovrebbe restituire una classifica pubblica dei soggetti più apprezzati. Al momento della costituzione della Commissione, i membri nominati sarebbero automaticamente "pescati" tra i primi più apprezzati nel network.

A mio avviso questa è l'unica strada percorribile, per garantirci la rappresentatività di coloro che andiamo a votare di volta in volta. Sulla fattibilità di una cosa del genere, ovviamente, ho grossi dubbi. Non tanto sul piano tecnico, quanto sul fatto che bisognerebbe obbligare la classe politica attuale ad accettare una cosa simile. Questo postulerebbe un'azione di protesta basata sulla disobbedienza elettorale (o sull'obiezione di coscienza, che dir si voglia) che di per sé è abbastanza pericolosa proprio per la stabilità politica. Si tratterebbe di un rischio grosso ma con in gioco una posta alta: recuperare la nostra DEMOcrazia.