Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

domenica 29 marzo 2020

Ecco il motivo per il quale il "dopo" coronavirus sarà molto complicato sul piano relazionale


Negli ultimi 20/25 anni c'è stato un periodo non molto lungo, ma molto intenso, di sviluppo delle tecnologie digitali, che ha visto un rivoluzionamento delle abitudini di vita quotidiana, per tutti, dai più anziani ai più giovani.
Questi ultimi sono stati più fortunati in fase di adattamento al cambiamento, in quanto "nativi digitali", perché non hanno dovuto fare molta fatica per legare il passato al presente/futuro dello sviluppo tecnologico, per quanto anche loro hanno visto un'accelerazione.
Durante questo periodo, la diffusione dell'uso delle tecnologie digitali è stato pervasivo, ristrutturando completamente le abitudini di vita, nella loro connessione con le dimensioni di tempo e di spazio.
La prima e più diffusa percezione che si poteva avere, era la padronanza di relazioni interpersonali sulle distanze, sia di tempo, sia di spazio. Ciò generava una sorta di delirio di onnipotenza.
La sensazione che si è avuta fino a poco fa era una sorta di "immobilismo iperattivo", che permetteva di gestire relazioni, interessi, rapporti personali e di lavoro e attività ludiche, tenendo ferme le stesse coordinate geografiche e svolgendo azioni diverse in modalità "multitasking", utilizzando strumenti diversi (smartphone, pc, tablet) simultaneamente.
Ciò portava allo sfruttamento di un determinato luogo, per motivi che nulla avevano a che fare con la sua natura intrinseca. Pertanto anche le situazioni tipiche che possono generarsi in un dato luogo (e che ne costituiscono la ragione di esistenza), risultavano scomposte e disordinate. Il fatto di poter gestire le proprie relazioni, scomponendole dal continuum spazio-tempo, generava un rapporto personale con le coordinate di spazio e di tempo che non restituiva all'individuo il valore esperienziale di vita vissuta a seconda dei luoghi visitati in un dato tempo e per dati motivi.
Ma poi? Cosa è successo, adesso?
Giocoforza l'immobilismo recentemente imposto dall'emergenza sanitaria in corso sta generando conseguenze già nell'immediato, se non altro per il fatto di non essere una scelta individuale, ma una condizione imposta; nervosismo, frizioni interpersonali, irrequietezza...
Ma, volendo tenere presente condizioni di media serenità in ambienti familiari mediamente sani, probabilmente si starà adesso approfittando per riappropriarsi della dimensione casalinga dei rapporti familiari. In condizioni del genere, il nuovo e rigenerato rapporto uomo/spazio, favorisce anche la nuova confidenza con situazioni specifiche associate a luoghi specifici, i quali ultimi riacquistano una nuova dignità che ne sancisce la stessa ragion d'essere.
Per fare un esempio, il dover restare a casa, impone a un ragazzo  di 20 anni di doversi riappropriare del rapporto con la propria camera, quando vuole un attimo di privacy per ritrovarsi con gli amici smartphone alla mano, piuttosto che restare in sala con il resto della famiglia...in altre circostanze avrebbe abbandonato casa, per ritrovarsi con gli stessi amici, in luoghi spesso "anonimi" e senza identità esplorabili secondo altri interessi (artistici, architettonici o altro), semplicemente atti allo scopo.
Quando l'emergenza sarà terminata, quando si potrà nuovamente riappropriarsi degli spazi all'aperto, in una prima fase si assisterà ad una "esplosione" verso l'esterno. Sarà una reazione di natura emotiva, anche comprensibile, ma sarà di durata breve.
Successivamente, però, ciò che la cosiddetta "detenzione familiare" ha permesso di riscoprire, sarà nuovamente destituito di senso. E sarà questo a generare il disorientamento peggiore.
Se il rapporto tra la persona e le sue coordinate di spazio e di tempo sono state riscoperte valide, se negli ambienti familiari l'individuo ha reimparato che in ogni ambiente sono consentiti specifici comportamenti, inopportuni altrove e in altri momenti, dopo sarà nuovamente disponibile una situazione di natura diversa. Sarà nuovamente disponibile la destrutturazione del continuum spazio-tempo, che risveglierà abitudini precedenti che, per sbagliate e pericolose che siano, hanno il vantaggio di avere maggiore attrattiva, per l'effetto di dipendenza che hanno innescato prima.
Pertanto, se l'astinenza da alienazione dimensionale si è compiuta in un lasso di tempo utile a riscoprire una dimensione più umana dei rapporti personali, il passaggio successivo sarà come quando un tossicodipendente inizia un percorso di disintossicazione e, nel momento in cui sembra essersi "recuperato", si imbatte di nuovo nella sostanza e l'assume anche solo in porzioni minime.
Il disastro si compirà attraverso un disorientamento totale, sia a livello personale, sia attraverso le relazioni personali disponibili al momento.
E' possibile che il livello di disorientamento generi una incapacità di gestione della situazione presente, con reazioni che possono manifestare una pericolosa depressione.
Chi scrive ha persino auspicato altrove l'utilizzo di strumenti elettronici, per smaltire lo stress che si accumula in situazioni familiari già di per sé non sane, tenendo conto che si auspicava il minore dei mali.
Il punto è che i servizi sociali devono avere consapevolezza di questi rischi e porsi il problema di elaborare strategie di intervento massiccio, in momenti particolari, perché tale è la missione che sono chiamati ad assolvere.
Si può solo sperare.

lunedì 23 marzo 2020

Il rovescio della medaglia: la "polveriera" familiare, tra rischio esplosione o tentativo di evasione virtuale

Indubbiamente la riscoperta di una dimensione "domestica" della famiglia è un percorso oggi obbligato che può generare frutti di crescita umana interessanti ed auspicabili.
Vero è anche, però, che le relazioni umane hanno bisogno di equilibrio, per svilupparsi in maniera sana. In condizioni di equilibrio (e in situazioni di serenità, piuttosto che di emergenza sanitaria come oggi), quando in casa si sviluppano tensioni che possono minacciare l'equilibrio familiare, la valvola di sfogo più semplice e anche più raccomandata, è sempre stata quella di "uscire" talvolta dal contesto, cercare interessi che spostino l'attenzione altrove. Si tratta proprio di una separazione delle circostanze da spazio e da tempo, per quel tanto che basta a ristabilire l'equilibrio. Allora può valere una passeggiata, andare a pesca, fare sport...tutte attività al momento vietate. E qui nasce il problema.
Per dirla alla darwiniana maniera, è possibile che le strutture familiari più robuste si tengano forti fino al "dopo", con sforzi non da poco. E, in questo caso, proprio quegli sforzi cementificheranno qualche crepa, aiutando la "crescita umana" di tutto il nucleo, come ci si augurava in altro testo.
Laddove però le basi non sono solide, la convivenza spinta e forzata, può generare il classico "effetto polveriera". In questo caso, a differenza di condizioni nelle quali la maturità media dei componenti della famiglia e del "senso familiare comune" è tale da poter sostenere lo "scontro diretto" che si auspicava persino, si può assistere ad episodi addirittura drammatici.
La cronaca ce ne offre di alcuni, saranno presi in considerazione anche non conoscendone le cause effettive, ma valgono ad esempio dei possibili effetti che può avere una deflagrazione delle tensioni all'interno di rapporti non sani.
Ciò che è accaduto a Roma nella notte scorsa denuncia sicuramente stati psichici non sani che dovranno poi essere accertati. Ma non è escluso che possa trattarsi dell'esplosione di un contesto familiare sotto pressione.
Allo stato attuale, pur contro il pensiero e le convinzioni personali di chi scrive, appare forse necessario trovare valvole di sfogo altrove.
In questo caso (non avrei mai creduto di poterlo dire) torna utile la scomposizione delle categorie spazio temporali generata dal web e dai media elettronici in generale.
Laddove i media generano alienazione, in contesti nei quali apparrebbe necessario concentrarsi sulla "costruzione" attenta, lenta e soprattutto voluta di rapporti sani all'interno della famiglia, in situazioni come quelle presenti invece vale la pena di usare l'effetto alienante come valvola di sfogo, come evasione, quella necessaria e sufficiente a scaricare la pressione accumulata nelle relazioni immediate del contesto casalingo.
Si tratta naturalmente di scegliere il male minore, ma ora come ora è una scelta altamente consigliata in contesti familiari già scomposti all'origine. E varrebbe la pena di tentare di sostituire, gradualmente, a tale scelta, decisioni e percorsi più sani, volti al recupero di equilibri nuovi.

martedì 17 marzo 2020

La nuova dimensione "domestica" della famiglia: una opportunità di crescita umana da non perdere


Il momento è sicuramente molto critico, non serve ribadirlo. Serve forse però affrontarlo con intelligenza e lungimiranza. Sicuramente la gente sta riscoprendo una dimensione "domestica" della famiglia che prima era del tutto frammentata (a tratti e da certe forze ideologiche la cosa era anche "voluta"). Se non altro, per "costrizione", per "obbligo" e per ragioni di sicurezza, si è costretti a condividere lo stesso spazio, sull'onda dell'ashtag #iorestoacasa.
A mio avviso non è del tutto banale sottolineare la riscoperta di una dimensione tipicamente domestica della famiglia. Lo dimostra il fatto che a più riprese osservo la tendenza a voler trovare cosa fare, stando chiusi dentro casa, come se servisse lo spunto, l'ispirazione, l'idea giusta. Ben venga, naturalmente, ma è sintomatico della tendenza a colmare un vuoto.
L'aspetto problematico è dato dal fatto che "restare chiusi dentro casa" è una condizione imposta e non desiderata. Passare da una condizione imposta e non desiderata, ad una condizione ri-scoperta e nuovamente valorizzata è un processo a mio avviso lungo, ma auspicabile perché consolida i legami precostituiti e restituisce un sentimento di forza maggiore nell'affrontare le difficoltà contingenti.
La scoperta del vuoto può smarrire, in prima battuta. Soprattutto perché prima non si aveva la percezione del vuoto che si scopre adesso, prima si riusciva a distrarsi abbastanza per non pensarci. Ciò che può aiutare è la quotidianità e la nuova routine a cui gioco-forza si è sottoposti.
La condivisione degli spazi, la riscoperta di circostanze specifiche alle quali ogni specifico spazio viene dedicato, secondo norme casalinghe condivise almeno in passato, genera sicuramente una qualche forma di insofferenza, in prima battuta.
Il passaggio da insofferenza a intenzione di valorizzare l'opportunità che la condizione presente offre, non è un automatismo, ma un processo condizionato da diverse variabili.
Solo se esiste un sentimento forte della famiglia, ci può essere una predisposizione favorevole a trascorrere più tempo, condividendo gli stessi spazi.
Diversamente le reazioni di insofferenza, di malessere, creeranno una pressione pericolosa.
L'opportunità più grande di "crescita", sul piano umano, si installa proprio in queste circostanze, perché si presenta come più problematica, rispetto ad ambienti nei quali esiste già un meccanismo collaudato di pazienza, tolleranza e condivisione familiare forte.
L'effetto di vita in "cattività" è certamente qualcosa di molto scomodo che spinge a trasferire la frustrazione personale sulle relazioni immediate con i conviventi, generando contrasti futili, ma frequenti e una pressione sempre maggiore.
In queste circostanze è più frequente l'isolamento individuale all'interno della dimensione virtuale mediatica che, all'interno di una porzione di spazio nella quale possono svilupparsi relazioni immediate, genera un rifugio, una scorciatoia, che temporaneamente smorza la pressione e restituisce una illusoria sensazione di relax.
Il lavoro più grosso da fare è intervenire nelle pieghe di questi comportamenti. Vanno smontati, anche a rischio di generare lo scontro diretto. Se avviene in maniera civile, lo scontro diretto è preferibile, perché porta a scoprire le carte dei propri atteggiamenti sbagliati, secondo una tendenza che dovrebbe ristabilire l'equilibrio tra i diversi caratteri personali in relazione, portandoli a confrontare la situazione di relazione immediata e "reale" con quella mediata ed illusoria.