Negli ultimi 20/25 anni c'è stato un periodo non molto lungo,
ma molto intenso, di sviluppo delle tecnologie digitali, che ha visto un
rivoluzionamento delle abitudini di vita quotidiana, per tutti, dai più anziani
ai più giovani.
Questi ultimi sono stati più fortunati in fase di adattamento
al cambiamento, in quanto "nativi digitali", perché non hanno dovuto
fare molta fatica per legare il passato al presente/futuro dello sviluppo tecnologico,
per quanto anche loro hanno visto un'accelerazione.
Durante questo periodo, la diffusione dell'uso delle
tecnologie digitali è stato pervasivo, ristrutturando completamente le
abitudini di vita, nella loro connessione con le dimensioni di tempo e di
spazio.
La prima e più diffusa percezione che si poteva avere, era la
padronanza di relazioni interpersonali sulle distanze, sia di tempo, sia di
spazio. Ciò generava una sorta di delirio di onnipotenza.
La sensazione che si è avuta fino a poco fa era una sorta di
"immobilismo iperattivo", che permetteva di gestire relazioni,
interessi, rapporti personali e di lavoro e attività ludiche, tenendo ferme le
stesse coordinate geografiche e svolgendo azioni diverse in modalità
"multitasking", utilizzando strumenti diversi (smartphone, pc,
tablet) simultaneamente.
Ciò portava allo sfruttamento di un determinato luogo, per
motivi che nulla avevano a che fare con la sua natura intrinseca. Pertanto anche
le situazioni tipiche che possono generarsi in un dato luogo (e che ne
costituiscono la ragione di esistenza), risultavano scomposte e disordinate. Il
fatto di poter gestire le proprie relazioni, scomponendole dal continuum
spazio-tempo, generava un rapporto personale con le coordinate di spazio e di
tempo che non restituiva all'individuo il valore esperienziale di vita vissuta
a seconda dei luoghi visitati in un dato tempo e per dati motivi.
Ma poi? Cosa è successo, adesso?
Giocoforza l'immobilismo recentemente imposto dall'emergenza
sanitaria in corso sta generando conseguenze già nell'immediato, se non altro
per il fatto di non essere una scelta individuale, ma una condizione imposta;
nervosismo, frizioni interpersonali, irrequietezza...
Ma, volendo tenere presente condizioni di media serenità in
ambienti familiari mediamente sani, probabilmente si starà adesso approfittando
per riappropriarsi della dimensione casalinga dei rapporti familiari. In
condizioni del genere, il nuovo e rigenerato rapporto uomo/spazio, favorisce
anche la nuova confidenza con situazioni specifiche associate a luoghi
specifici, i quali ultimi riacquistano una nuova dignità che ne sancisce la
stessa ragion d'essere.
Per fare un esempio, il dover restare a casa, impone a un
ragazzo di 20 anni di doversi
riappropriare del rapporto con la propria camera, quando vuole un attimo di
privacy per ritrovarsi con gli amici smartphone alla mano, piuttosto che
restare in sala con il resto della famiglia...in altre circostanze avrebbe
abbandonato casa, per ritrovarsi con gli stessi amici, in luoghi spesso "anonimi"
e senza identità esplorabili secondo altri interessi (artistici, architettonici
o altro), semplicemente atti allo scopo.
Quando l'emergenza sarà terminata, quando si potrà nuovamente
riappropriarsi degli spazi all'aperto, in una prima fase si assisterà ad una
"esplosione" verso l'esterno. Sarà una reazione di natura emotiva,
anche comprensibile, ma sarà di durata breve.
Successivamente, però, ciò che la cosiddetta "detenzione
familiare" ha permesso di riscoprire, sarà nuovamente destituito di senso.
E sarà questo a generare il disorientamento peggiore.
Se il rapporto tra la persona e le sue coordinate di spazio e
di tempo sono state riscoperte valide, se negli ambienti familiari l'individuo
ha reimparato che in ogni ambiente sono consentiti specifici comportamenti,
inopportuni altrove e in altri momenti, dopo sarà nuovamente disponibile una
situazione di natura diversa. Sarà nuovamente disponibile la destrutturazione
del continuum spazio-tempo, che risveglierà abitudini precedenti che, per
sbagliate e pericolose che siano, hanno il vantaggio di avere maggiore
attrattiva, per l'effetto di dipendenza che hanno innescato prima.
Pertanto, se l'astinenza da alienazione dimensionale si è
compiuta in un lasso di tempo utile a riscoprire una dimensione più umana dei
rapporti personali, il passaggio successivo sarà come quando un
tossicodipendente inizia un percorso di disintossicazione e, nel momento in cui
sembra essersi "recuperato", si imbatte di nuovo nella sostanza e
l'assume anche solo in porzioni minime.
Il disastro si compirà attraverso un disorientamento totale,
sia a livello personale, sia attraverso le relazioni personali disponibili al
momento.
E' possibile che il livello di disorientamento generi una
incapacità di gestione della situazione presente, con reazioni che possono
manifestare una pericolosa depressione.
Chi scrive ha persino auspicato altrove l'utilizzo di
strumenti elettronici, per smaltire lo stress che si accumula in situazioni
familiari già di per sé non sane, tenendo conto che si auspicava il minore dei
mali.
Il punto è che i servizi sociali devono avere consapevolezza
di questi rischi e porsi il problema di elaborare strategie di intervento massiccio,
in momenti particolari, perché tale è la missione che sono chiamati ad
assolvere.
Si può solo sperare.
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