Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

lunedì 9 novembre 2020

RAI servizio pagato per pizzo pubblico, al servizio di chi???

La notizia che tutti si aspettavano, trovare il vaccino anti Covid-19, è arrivata. Ne parlano tutti, con entusiasmo comprensibile.

RAI RADIO UNO, servizio pubblico, già da tempo cercava di parlarne, prima ancora che arrivasse l'agognata notizia. 

Adesso ne parlano tutte le trasmissioni, da "Radio Anch'io" a "Zapping", passando per "Italia sotto inchiesta".

A tutte ho provato a fare una domanda banale (fatta, proposta, ripetuta in continuo), l'hanno vista e sistematicamente la ignorano:

«COME è possibile trovare UN SOLO vaccino, SE è vero che il virus è mutato numerose volte?»

Il fatto che il virus sia mutato NON lo dico io di mia invenzione, ma è scritto ovunque, basta cercare su google, per trovare numerosi documenti al riguardo. Ve ne propongo solo alcuni:

1.       https://www.avvenire.it/attualita/pagine/le-mutazioni-del-virus-quante-sono-state-e-perch-fanno-paura

2.      https://www.agi.it/cronaca/news/2020-11-02/mutazione-ha-reso-coronavirus-piu-contagioso-10152450/

3.      https://www.internazionale.it/notizie/graham-lawton/2020/09/29/coronavirus-mutazione

4.    https://www.adnkronos.com/salute/medicina/2020/11/05/covid-dal-visone-all-uomo-perche-mutazione-preoccupa_92cYXjo5PLtXbyAvWMyj3O.html

Domanda ignorata...letta, ascoltata, ma ignorata.

Rai, servizio pubblico che paghiamo "per forza" o per pizzo, grazie a Matteo Renzi, preferisce evidentemente essere al servizio di qualcun altro, anziché di chi paga il servizio.

A questo punto la domanda cambia: «A chi risponde la Rai? In mano a chi è? Che spettacolo sta portando avanti?».

Ovviamente le risposte sono immaginabili, ma la verità non la sapremo mai, né su questo, né sul vaccino.

 

#RadioUno #serviziopubblico #COVID19 #vaccino

sabato 18 aprile 2020

Il corona virus tra l'incognita del "dopo" e le svanite "certezze" sul presente

Si parla e si parlerà ancora tanto di questa maledetta esperienza di emergenza e, forse, trarne spunti di riflessione non fa male.

Qual'è l'elemento psicologicamente più devastante, che colpisce la collettività in una situazione critica come quella dell'emergenza causata dal Covid19?

A mio avviso vanno individuati due fenomeni:

1) senso di smarrimento per il collasso di tutte le certezze precedentemente riposte nei "sistemi esperti";
2) conseguente senso di panico, in riferimento alle prospettive, sul medio/lungo periodo.

Proverò a darne spiegazione qui di seguito.

È certamente noto che l'origine della paura è la non-conoscenza. Ciò che non si conosce e si avvicina all'universo noto, viene naturalmente percepito, per istinto di conservazione, come una minaccia alla stabilità  (spesso solo presunta) del sistema in cui si vive.
Dalla prima percezione poi, si apre un ventaglio di possibilità che (a mano a mano che i due universi  interagiscono) va dalla persistenza del senso di minaccia che innesca dinamiche di difesa, alla scoperta dell'assenza di reali minacce che al contrario genera una distensione progressiva e l'inizio di una relazione di scambio.
Queste dinamiche valgono sia a livello individuale, sia a livello dei piccoli o grandi gruppi di persone.

I più cinici e disincantati direbbero che, sebbene sembri sempre più accreditata l'ipotesi per la quale il virus non sia nulla di naturale, ma il frutto di lavori di laboratorio,
l'evento in sé rientra in effetti nel naturale inevitabile collasso di un sistema circolare di evoluzione, portato al livello massimo di sviluppo.

Quella che una volta veniva definita infatti come "fiducia nei sistemi esperti" e che veniva data per inevitabile e scontata, ha recentemente dimostrato tutti i suoi limiti e punti di debolezza, in quanto spinta a livelli estremi di "affidamento", coinvolgendo non soltanto gli utenti finali, ma anche i tecnici addetti alle procedure di controllo che, per pigrizia, scarsa conoscenza, presunzione, sono venuti meno alla loro funzione, ritenendo anch'essi di potersi basare sulla perizia dei predecessori.

La cosiddetta "fiducia nei sistemi esperti" è quella condizione di serenità (per la verità inevitabile ancora oggi, nonostante tutto) che deve essere garantita alle persone, perché deve essere basata sul fatto che i sistemi dei quali ci serviamo per la vita di tutti i giorni, debbano fondarsi su perizia, scienza e conoscenza necessarie per garantire efficienza, funzionalità e sicurezza.
Per fare un esempio, un "sistema esperto" può essere tutto il complesso di conoscenze, pratiche e procedure che garantiscono all'utente finale la tranquillità con la quale sale su un treno della metropolitana e giunge a destinazione, senza doversi preoccupare del fatto che il macchinista conosca effettivamente il suo mestiere oppure che tutte le viti e tutti i bulloni siano effettivamente al loro posto.
Oppure può essere tutto il complesso di conoscenze e azioni (soprattutto di controllo tecnico) che permettono a un autista di passare su un viadotto, senza doversi preoccupare della propria e dell'altrui sicurezza.

La fiducia nei sistemi esperti coinvolge tutti gli ambiti della vita umana, dalla medicina all'economia, ai trasporti, alla filiera di produzione di beni di consumo, alla pubblica amministrazione, alla politica...e così via.

Come per qualunque sistema spinto all'estremo, se le dinamiche di controllo iniziano a essere difettose, qualcosa sfugge.

Può valere il caso Cernobill, per esempio. Oppure, nel caso del corona virus, facile immaginare che qualcosa sia andato storto, negli ambienti dei laboratori chimici.

Quando si generano fenomeni di tale portata, indipendentemente dalle restrizioni che si possano generare alla libertà personale (ricordo ancora che, nel caso di Cernobill, per un po' non si usciva di casa), la sensazione di panico diventa pericolosa, perché diventa pervasiva, coinvolgendo tutti gli ambiti nei quali le persone svolgono la propria vita.

Venendo meno la fiducia nei sistemi esperti, da una parte e non avendo gli strumenti per gestire le situazioni che inevitabilmente vanno affidate a tali sistemi, dall'altra, la sensazione di sfiducia e di panico può diventare paralizzante, perché si riflette non solo nell'immediato, ma anche nelle prospettive future.

Quando la responsabilità del controllo viene affidata a persone irresponsabili e ciniche, interessate a ruoli di comando solo per il conseguente prestigio, ignorando il senso di responsabilità e lo spirito di servizio che dovrebbe loro competere, si aprono le peggiori falle nei sistemi.

Quella che il Papa ha sempre denunciato, stigmatizzandola come "cultura dello scarto" è un sistema di abitudini di vita basato essenzialmente sul profitto fine a sé stesso.
Cresciuto e sviluppatosi negli anni, è diventato un sistema onnicomprensivo che ha coinvolto ogni ambito della vita umana, consolidandosi come unica logica motivante, legittimando se stesso e gli "scarti" che ne conseguono, indipendentemente dal fatto che la collocazione nella dimensione di "scarto" possa riguardare oggetti o "persone".
Secondo la logica del profitto, nella miope modalità "fine a se stesso", viene considerato secondario, accessorio, evitabile (fino ad essere del tutto ignorato) ogni processo di verifica e controllo della tenuta e della durabilità nel tempo dei sistemi esperti.

Occorre recuperare tutta una gamma di dimensioni dimenticate che regolavano ed ispiravano le condotte umane.
Occorre recuperare la dimensione stessa di "esseri umani", alienata in logiche di mero profitto.

La logica del profitto non è il male assoluto, di per sé vale però solo se NON è fine a se stessa, ma se si sviluppa in un percorso delimitato da binari "certi" da seguire, altrimenti si deraglia. Occorrono CERTEZZE INCROLLABILI che non possono essere considerate "accessori" eludibili.

Le certezze che servono sono principi che nascono dall'etica, dall'altruismo, dalla "bellezza" delle opere compiute, dallo spirito di responsabilità verso le conseguenze delle proprie azioni sugli altri, dalla soddisfazione di saper anche "rinunciare" a qualcosa, se ne giova l'intera collettività.
E queste cose diventano CERTEZZE solo nel momento in cui sono percepite individualmente come indispensabili obblighi di coscienza.

Occorre recuperare il senso di "certezza" e l'affidabilità reciproca, ragionando nell'ottica per la quale azioni singole hanno effetti globali inevitabili.

giovedì 16 aprile 2020

La "speranza" è una scelta. L'inerzia...pure!!!


Diciamocelo chiaro, molto probabilmente bisognerà abituarsi all'idea che questa situazione di emergenza sanitaria resti permanentemente, sebbene in forme diverse, periodo dopo periodo e imparare a convivere con il virus. 
Dovremo molto probabilmente imparare a convivere col rischio...con un rischio certamente elevato e insidioso. Non ce lo toglieremo di torno facilmente e, quando sembrerà che ci saremo riusciti, probabilmente esso tornerà in auge sotto altra forma.
Questa è quella che sembra essere la prospettiva più accreditata. 
Probabilmente la comunità scientifica sfornerà una serie di vaccini obbligatori, sui quali si fonderanno incertezze almeno pari a quelle sulle quali si fonda la nostra stessa incolumità, perché sarà fuori di dubbio che l'industria farmaceutica trarrà i maggiori profitti da tutto questo.
Il punto è decidere, fare una scelta, farla adesso...e sembra essere una scelta di campo netta e impegnativa:
o lo VIVIAMO il nostro tempo, oppure lasceremo il campo a chi lo farà al posto nostro in nostro nome e per nostro conto.
O saremo protagonisti del nostro tempo oppure ne saremo succubi...
...che poi non è né più, né meno di quello che è sempre valso, anche prima, in assenza di coronavirus.
O andiamo avanti nella nostra vita, nei nostri progetti di vita, nei nostri impegni, adeguandoci a uno scenario completamente stravolto che comporta un totale cambiamento delle abitudini di vita, accettando dunque tutte le restrizioni che dovremo subire,
oppure dovremo stare ugualmente alle stesse restrizioni, dovremo ugualmente adeguarci a scenari completamente diversi da quelli ai quali eravamo abituati (sia intesi in senso stretto perché anche quelli non saranno più uguali, sia in riferimento alle nostre consuetudini), chiudendoci in noi stessi, mortificando la nostra stessa vita e i nostri sogni.
Nessuno ci dice che sarà così sempre, ma neanche prima potevamo essere certi di cosa ci avrebbe riservato il futuro.
Certo siamo anche vittime di un sistema basato sull'incompetenza, sull'arrivismo, sulla presunzione e sulle manie di protagonismo, su deliri di onnipotenza corroborati da un atteggiamento mafioso e violento, che ricatta gli stati, le economie, un sistema mafioso e complice che a quei ricatti presta il fianco pur di conservare i propri privilegi...certo che è così!!! Ne abbiamo contezza quotidianamente!!!
Ma abbiamo una scelta:
accettare di subire tutto supinamente o reagire. Se si reagisce, però, lo si fa con convinzione, con determinazione e con sacrificio, se non altro perché possiamo ancora conservare una speranza. Per ognuno di noi c'è una speranza che ha un nome e un cognome, i nostri figli sono la nostra speranza...
Il nostro impegno, il compito più grande, il sacrificio più duro è rinunciare a qualunque cosa,
meno che a preparare il terreno per farvi crescere "coscienze" libere, menti autonome pensanti, persone capaci di assumersi il compito più alto che l'esistenza ha donato loro: dare "valore" alla loro vita e segnare la storia con il loro passaggio. 
E che sia la loro vita segnata dalla dignità umana, dal desiderio di conoscenza e dallo spirito critico autentico e personale al quale non rinunciare mai, dallo spirito di servizio, dall'umiltà e dall'altruismo, dal più profondo senso della carità. 
Che non smettano mai di sperare e di sognare di poter realizzare un mondo veramente a misura d'uomo. 
Che non accettino mai i ricatti e le seduzioni di logiche di profitto.
Che non accettino mai ideologie massificanti, rinunciando al loro pensiero autentico ed originale. 
Che non vengano mai meno a loro stessi per convenienza o per "quieto vivere".
Che non perdano mai la loro speranza così come noi non la perderemo grazie a loro.
Se sceglieremo questa strada, vivremo sicuramente con molte più difficoltà, d'ora in avanti, rispetto a come vivevamo solo pochi mesi fa...ma avremo la forza, la voglia e l'entusiasmo di farlo per qualcosa di veramente importante.
Non avremo più incertezze di quante ne avevamo prima, perché almeno avremo scelto una direzione certa.
Forse l'avremmo fatto ugualmente, prima. Ma oggi ne sentiamo il bisogno in maniera più forte.
La vocazione di genitori e di educatori, oggi la sentiamo più forte, oggi abbiamo ancora più bisogno di riversare nei nostri figli le nostre speranze.
Perché se a noi è toccata una sventura che ha coinvolto anche loro, insegnando loro a vivere col desiderio di cambiare il mondo e con l'onestà di farlo per il bene altrui, possiamo sperare che il mondo migliore che vorremmo per loro siano loro stessi a costruirselo.
Ma se perdiamo noi la speranza, non riusciremo nemmeno a trasmetterla a loro.

domenica 29 marzo 2020

Ecco il motivo per il quale il "dopo" coronavirus sarà molto complicato sul piano relazionale


Negli ultimi 20/25 anni c'è stato un periodo non molto lungo, ma molto intenso, di sviluppo delle tecnologie digitali, che ha visto un rivoluzionamento delle abitudini di vita quotidiana, per tutti, dai più anziani ai più giovani.
Questi ultimi sono stati più fortunati in fase di adattamento al cambiamento, in quanto "nativi digitali", perché non hanno dovuto fare molta fatica per legare il passato al presente/futuro dello sviluppo tecnologico, per quanto anche loro hanno visto un'accelerazione.
Durante questo periodo, la diffusione dell'uso delle tecnologie digitali è stato pervasivo, ristrutturando completamente le abitudini di vita, nella loro connessione con le dimensioni di tempo e di spazio.
La prima e più diffusa percezione che si poteva avere, era la padronanza di relazioni interpersonali sulle distanze, sia di tempo, sia di spazio. Ciò generava una sorta di delirio di onnipotenza.
La sensazione che si è avuta fino a poco fa era una sorta di "immobilismo iperattivo", che permetteva di gestire relazioni, interessi, rapporti personali e di lavoro e attività ludiche, tenendo ferme le stesse coordinate geografiche e svolgendo azioni diverse in modalità "multitasking", utilizzando strumenti diversi (smartphone, pc, tablet) simultaneamente.
Ciò portava allo sfruttamento di un determinato luogo, per motivi che nulla avevano a che fare con la sua natura intrinseca. Pertanto anche le situazioni tipiche che possono generarsi in un dato luogo (e che ne costituiscono la ragione di esistenza), risultavano scomposte e disordinate. Il fatto di poter gestire le proprie relazioni, scomponendole dal continuum spazio-tempo, generava un rapporto personale con le coordinate di spazio e di tempo che non restituiva all'individuo il valore esperienziale di vita vissuta a seconda dei luoghi visitati in un dato tempo e per dati motivi.
Ma poi? Cosa è successo, adesso?
Giocoforza l'immobilismo recentemente imposto dall'emergenza sanitaria in corso sta generando conseguenze già nell'immediato, se non altro per il fatto di non essere una scelta individuale, ma una condizione imposta; nervosismo, frizioni interpersonali, irrequietezza...
Ma, volendo tenere presente condizioni di media serenità in ambienti familiari mediamente sani, probabilmente si starà adesso approfittando per riappropriarsi della dimensione casalinga dei rapporti familiari. In condizioni del genere, il nuovo e rigenerato rapporto uomo/spazio, favorisce anche la nuova confidenza con situazioni specifiche associate a luoghi specifici, i quali ultimi riacquistano una nuova dignità che ne sancisce la stessa ragion d'essere.
Per fare un esempio, il dover restare a casa, impone a un ragazzo  di 20 anni di doversi riappropriare del rapporto con la propria camera, quando vuole un attimo di privacy per ritrovarsi con gli amici smartphone alla mano, piuttosto che restare in sala con il resto della famiglia...in altre circostanze avrebbe abbandonato casa, per ritrovarsi con gli stessi amici, in luoghi spesso "anonimi" e senza identità esplorabili secondo altri interessi (artistici, architettonici o altro), semplicemente atti allo scopo.
Quando l'emergenza sarà terminata, quando si potrà nuovamente riappropriarsi degli spazi all'aperto, in una prima fase si assisterà ad una "esplosione" verso l'esterno. Sarà una reazione di natura emotiva, anche comprensibile, ma sarà di durata breve.
Successivamente, però, ciò che la cosiddetta "detenzione familiare" ha permesso di riscoprire, sarà nuovamente destituito di senso. E sarà questo a generare il disorientamento peggiore.
Se il rapporto tra la persona e le sue coordinate di spazio e di tempo sono state riscoperte valide, se negli ambienti familiari l'individuo ha reimparato che in ogni ambiente sono consentiti specifici comportamenti, inopportuni altrove e in altri momenti, dopo sarà nuovamente disponibile una situazione di natura diversa. Sarà nuovamente disponibile la destrutturazione del continuum spazio-tempo, che risveglierà abitudini precedenti che, per sbagliate e pericolose che siano, hanno il vantaggio di avere maggiore attrattiva, per l'effetto di dipendenza che hanno innescato prima.
Pertanto, se l'astinenza da alienazione dimensionale si è compiuta in un lasso di tempo utile a riscoprire una dimensione più umana dei rapporti personali, il passaggio successivo sarà come quando un tossicodipendente inizia un percorso di disintossicazione e, nel momento in cui sembra essersi "recuperato", si imbatte di nuovo nella sostanza e l'assume anche solo in porzioni minime.
Il disastro si compirà attraverso un disorientamento totale, sia a livello personale, sia attraverso le relazioni personali disponibili al momento.
E' possibile che il livello di disorientamento generi una incapacità di gestione della situazione presente, con reazioni che possono manifestare una pericolosa depressione.
Chi scrive ha persino auspicato altrove l'utilizzo di strumenti elettronici, per smaltire lo stress che si accumula in situazioni familiari già di per sé non sane, tenendo conto che si auspicava il minore dei mali.
Il punto è che i servizi sociali devono avere consapevolezza di questi rischi e porsi il problema di elaborare strategie di intervento massiccio, in momenti particolari, perché tale è la missione che sono chiamati ad assolvere.
Si può solo sperare.

lunedì 23 marzo 2020

Il rovescio della medaglia: la "polveriera" familiare, tra rischio esplosione o tentativo di evasione virtuale

Indubbiamente la riscoperta di una dimensione "domestica" della famiglia è un percorso oggi obbligato che può generare frutti di crescita umana interessanti ed auspicabili.
Vero è anche, però, che le relazioni umane hanno bisogno di equilibrio, per svilupparsi in maniera sana. In condizioni di equilibrio (e in situazioni di serenità, piuttosto che di emergenza sanitaria come oggi), quando in casa si sviluppano tensioni che possono minacciare l'equilibrio familiare, la valvola di sfogo più semplice e anche più raccomandata, è sempre stata quella di "uscire" talvolta dal contesto, cercare interessi che spostino l'attenzione altrove. Si tratta proprio di una separazione delle circostanze da spazio e da tempo, per quel tanto che basta a ristabilire l'equilibrio. Allora può valere una passeggiata, andare a pesca, fare sport...tutte attività al momento vietate. E qui nasce il problema.
Per dirla alla darwiniana maniera, è possibile che le strutture familiari più robuste si tengano forti fino al "dopo", con sforzi non da poco. E, in questo caso, proprio quegli sforzi cementificheranno qualche crepa, aiutando la "crescita umana" di tutto il nucleo, come ci si augurava in altro testo.
Laddove però le basi non sono solide, la convivenza spinta e forzata, può generare il classico "effetto polveriera". In questo caso, a differenza di condizioni nelle quali la maturità media dei componenti della famiglia e del "senso familiare comune" è tale da poter sostenere lo "scontro diretto" che si auspicava persino, si può assistere ad episodi addirittura drammatici.
La cronaca ce ne offre di alcuni, saranno presi in considerazione anche non conoscendone le cause effettive, ma valgono ad esempio dei possibili effetti che può avere una deflagrazione delle tensioni all'interno di rapporti non sani.
Ciò che è accaduto a Roma nella notte scorsa denuncia sicuramente stati psichici non sani che dovranno poi essere accertati. Ma non è escluso che possa trattarsi dell'esplosione di un contesto familiare sotto pressione.
Allo stato attuale, pur contro il pensiero e le convinzioni personali di chi scrive, appare forse necessario trovare valvole di sfogo altrove.
In questo caso (non avrei mai creduto di poterlo dire) torna utile la scomposizione delle categorie spazio temporali generata dal web e dai media elettronici in generale.
Laddove i media generano alienazione, in contesti nei quali apparrebbe necessario concentrarsi sulla "costruzione" attenta, lenta e soprattutto voluta di rapporti sani all'interno della famiglia, in situazioni come quelle presenti invece vale la pena di usare l'effetto alienante come valvola di sfogo, come evasione, quella necessaria e sufficiente a scaricare la pressione accumulata nelle relazioni immediate del contesto casalingo.
Si tratta naturalmente di scegliere il male minore, ma ora come ora è una scelta altamente consigliata in contesti familiari già scomposti all'origine. E varrebbe la pena di tentare di sostituire, gradualmente, a tale scelta, decisioni e percorsi più sani, volti al recupero di equilibri nuovi.