Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

domenica 15 settembre 2013

L'avviso-fair play: «Giocare può provocare dipendenza patologica». E la coscienza è smacchiata.

Ambienti bui, poche luci puntate sulle fiches o sui tavoli verdi. Poi musiche da trionfo, il miraggio di quella volta giusta in cui..."può succedere". E se fosse...? Quante cose cambierebbero...!!! 
La trappola scatta con il subdolo richiamo allo spirito di iniziativa, al "darsi da fare". Come dire:«Se non cerchi l'occasione, lei da te non verrà mai da sola...». E si arriva a un passo dal baratro. 

La "fortuna" in latino è una cosiddetta "vox media", il cui significato può avere un'accezione positiva ed una negativa a seconda del contesto. Più propriamente indica la sorte, buona o cattiva che sia. Ma serve anche come monito: non è detto che debba essere necessariamente buona! La saggezza antica era insita nell'uso delle parole e nel significato che esse avevano. Non serviva discutere tanto.
Gli antichi romani che la cultura latina portarono alla degenerazione, conoscevano il gioco dei dadi e il cosiddetto gioco "d'azzardo" era già cosa nota.

Nulla di nuovo sotto il sole, si direbbe. Se non fosse per la legalizzazione e l'industrializzazione del mondo del gioco d'azzardo. Con una trovata geniale sul piano commerciale, ma indecente su quello morale: obbligare a puntate basse, "entro i limiti di legge", ma inducendo a farlo molto frequentemente, attraverso tutte le operazioni di marketing che sono sotto i nostri occhi per strada o in tv a tutte le ore.  Certo, c'è il limite di età a 18 anni, ma alla fin fine, in rapporto al pubblico degli over 18, i ragazzini in Italia quanti sono?

Ad essere operative a livello industriale, in Italia, sono due aziende che fanno praticamente le stesse cose: SISAL e LOTTOMATICA.

Cosa fanno?

  • Casinò, 
  • slot, 
  • roulette,
  • bingo, 
  • poker, 
  • scommesse, 
  • gratta e vinci, 
  • lotto, 
  • superenalotto, 
  • ippica,
  • calcio,
  • rendite a 20 anni...
c'è veramente di tutto. Un'offerta commerciale proprio di tipo industriale.
E dopo ci sono le sale slot che spuntano come i funghi in tutte le città. Provate a cercare su google la dicitura "aprire una sala slot". E' un mercato spettacolare, in questo momento. In 23 centesimi di secondo google Vi spara la bellezza di 145mila risultati di ricerca. Il sito per così dire più "accreditato" è www.saleslot.it, Vi dice tutto. Ma prima provate ad entrare in una di quelle sale. C'è un'atmosfera veramente particolare: studiata forse per tutelare la privacy del giocatore. In realtà sono dei locali senza vetri, senza luce se non quella artificiale. Nessun contatto con l'esterno, massima concentrazione sul gioco. Tutti i confort, hanno, compreso il bar interno e la sala fumatori. Una vera e propria trappola. Con tutte le certificazioni di legge e gli avvisi prescritti da affiggere.

Ma dov'è l'ipocrisia e l'indecenza morale ed etica della questione?

Prima di tutto nel periodo storico. In un momento di crisi economica, non c'è niente di più facile che approfittarsi della debolezza di chi spera di dare una svolta alla propria vita, attraverso il bacio della buona sorte.

Dopo nella forma, nella modalità attraverso la quale l'industria del gioco d'azzardo genera un fenomeno, diffidando al tempo stesso il proprio pubblico (e solo "formalmente") dal cascarci dentro. Il fenomeno si chiama "dipendenza". «IL GIOCO E' VIETATO AI MINORI E PUO' CAUSARE DIPENDENZA PATOLOGICA». Messaggio shock non trovate? Utile! Come scrivere sui pacchetti di sigarette:«IL FUMO UCCIDE». Serve, serve... D'altronde se lo sentiamo alla televisione, attraverso testimonial di una certa notorietà, lo vediamo scritto su tutti i siti di gioco on line, sui biglietti del gratta e vinci, insomma dovunque, ci rimarrà nella testa che è una dipendenza, no?

Anche con alcool e fumo c'è il limite di età, per quel che può aiutare. Ciò che manca a alcool e fumo è l'operazione spinta di induzione alla dipendenza che invece si sta portando avanti da diversi mesi, ormai, col gioco d'azzardo.

Dopo una timida campagna contro l'uso di slot-machine nei locali pubblici (visibilmente fallita), adesso non solo diventa tutto nuovamente regolare, ma è ingigantito da strutture "dedicate" al gioco. E guai a chiamarlo "d'azzardo", perché qualunque gestore di sale slot Vi risponderebbe, con la sua classica boria e indifferenza, che «è tutto a norma, tutto regolare». Come se fosse regolare che un ragazzino di 20 anni, anziché 17 e mezzo se no non si può, si bruciasse 50€ a colpo, solo perché attratto dal miraggio di soldi facili!

L'ipocrisia e la trappola criminale adotta tutti gli strumenti. Specialmente per il mercato "on line". Là la cosa si fa differente. Sono tutti buoni e gentili, generosi soprattutto. Siccome serve registrarsi al sito, per essere sicuri che l'induzione al gioco abbia esiti positivi, i vari siti di Lottomatica e di Sisal (che sono quelli più accreditati, quelli legali, perché poi ce n'è una marea di siti illegali) "regalano" un bonus di ingresso. Guardate questa:
Un poker d'assi, il migliore. E il messaggio è chiaro, punta dritto sull'autostima che l'individuo ha di sé. Di questi tempi e con questi chiari di luna!
Come si fa a resistere? Mal che vada, i mille euro "regalati", vanno persi e io non ho perso niente di mio...Ma credete davvero che sia così?

E tanto per sciacquarsi la coscienza c'è chi, come SISAL, che si inventa le iniziative a scopo di beneficenza, tipo quella che Vi propongo adesso:
Non so Voi cosa ne pensate. A me, tutto questo, preoccupa seriamente. A parte la considerazione finale con la quale Vi lascio:
credete sia possibile immaginare i guadagni NON di chi becca il colpo di fortuna, ma dei vari gestori, delle aziende e, soprattutto, dello Stato? Una cifra, Voi Ve la immaginate? Pensate che quella cifra che Voi NON Vi immaginate è REALE e sta in tasche altrui. A differenza di quello che ognuno di noi può soltanto sperare e immaginare di poter vincere, in un momento di buona sorte.

sabato 17 agosto 2013

ERRIS BAR, l'ora della svolta.

CERGNAI (S. Giustina - BL) - E' stato tagliato ieri il nastro di inizio di una nuova stagione per il nuovo Erris Bar di Cergnai. ERRIS 2, il ritorno, direbbe qualcuno. Ma stavolta mettendoci oltre che la faccia anche il nome. 
Erris Biasuzzi, 36 anni, cuoco di formazione e di professione da quasi 20 anni, torna ad aprire le porte del locale da se stesso gestito tempo addietro per circa tre anni, con il valore aggiunto di una marea di altre esperienze maturate nel settore della ristorazione.
Da Udine a Lignano Sabbiadoro, tra bar e ristoranti, ne ha viste un po' di tutti i colori. Fino a maturare una significativa esperienza a Lignano, dove prima si è inserito come cuoco, dipendente del ristorante "Le Piramidi". Poi è arrivato a rilevare l'intera attività e a gestirla personalmente per circa otto anni.
Recentemente è tornato a stabilirsi a Santa Giustina, dove insieme alla sua signora, Cristina, ha deciso di tornare a prendere in mano le redini del locale che gestiva al tempo. Il quale, tra l'altro, nel corso delle gestioni che si sono inframezzate, non ha visto grandi fasti, proprio perché mancava qualcosa. Quando si lavora con passione, si lascia il segno e, così, vale anche la pena di...tornare un po' alle origini.
Tutto nuovo, il locale che fino a qualche tempo fa portava un nome anche poco edificante, adesso, con le parenti di un bianco freschissimo, si presenta molto più luminoso e accogliente.
Un tocco di stile femminile non manca, anzi permea un po' tutti gli arredi interni. Grazie alle scelte della signora Cristina, il leit-motiv è tutto in un nome: Londra. Evocativo di uno stile sobrio ed elegante, il richiamo alle atmosfere britanniche è un po' ovunque, dai tendaggi alle stampe alle pareti, fino agli allestimenti da tavola.
Appena dopo l'ingresso e il bancone del bar, il locale si "apre" agli avventori, con due ambienti diversi e collegati, dedicati entrambi a iniziative ben precise.
Sul davanti si apre una pedana dedicata a due iniziative diverse: musica dal vivo, quando è possibile e prevista, oppure buffet. E a questo proposito la cosa si fa davvero molto invitante. Contornata da un tendaggio rosso, la pedana ospita una tavola imbandita con tutto quello che ci si può aspettare da un buffet "alla milanese": dagli stuzzichini salati d'ogni genere, alle freschissime e estive insalate di riso e pasta, con affettati vari e formaggi a tocchetti. Il buffet è gratuito e operativo tutti i giorni, dalle 17:00 alle 20:00. Un'ottima occasione per ritrovarsi e fare uno spuntino.
Lo scenario che vedete nella foto a destra, perciò, non è soltanto qualcosa di "dedicato" alla serata inaugurale di ieri, ma è ciò che ci si può aspettare tranquillamente tutti i giorni, nella fascia oraria prevista.
Il secondo ambiente, appena di fianco, è una saletta ristorante già pronta all'uso. Erris e Cristina sono in attesa di ottenere le necessarie licenze di cucina che renderanno il locale non più soltanto un bar, ma una struttura ristorativa con un'offerta completa. Un ristorante a tutti gli effetti, insomma, collocato in una ambientazione che già da tanto necessitava di qualcosa del genere. Come anticipato, lo stile "british-alpino" caratterizza quest'ambientino a metà tra l'intimo/riservato (specialmente nelle serate che saranno dedicate a gruppi con prenotazione) e il conviviale tipico delle atmosfere create dalle penne nere.
Alla serata inaugurale di ieri si è visto veramente di tutto. A giudicare dall'affluenza, si può già dire che il ritorno della gestione storica del locale sia stata salutata molto calorosamente e questo lascia ben presagire per il futuro dell'attività, scaramanzia a parte. 
Il tema della serata è stata PORCHETTA, di quella genuina e preparata al momento, veramente spettacolare. Senza insaporitori e spezie particolari, ma semplice, genuina e di un sapore veramente unico. E la particolarità è stata che non era servita a fettine sottili, quasi col contagocce, come di solito avviene, ma in veri tranci di saporitissima carne suina da addentare senza troppi complimenti.
Sicché tra il buffet offerto in quantità da reggimento alpino, porchetta e patate fritte, ieri sera ce n'è stato abbastanza da poter reggere una sagra in grande stile. 
Anche perché il tutto era accompagnato da una buonissima birra non filtrata, quando non da un vinello rosso non troppo a temperatura ambiente e che andava giù veramente con gusto.









E per non farsi mancare nulla, Erris ha pensato anche ad un po' di musica vivace, con tanto di DJ dedicato.
Bisogna ammettere che per essere stata la serata iniziale, la nuova apertura dell' "Erris Bar" lascia aperte aspettative veramente interessanti. Lo staff è non solo accogliente, ma anche nella giusta misura spiritoso e divertente. Quanto a efficienza, portare avanti ciò che è stato realizzato ieri, è veramente roba da record.
lo staff: i gestori Erris e Cristina
lo staff: Cristina e Melissa
Ringraziamo Erris, Cristina e Melissa, per averci regalato una serata veramente piacevole, con la promessa di tornare all' "Erris Bar" tutte le volte che ci sarà possibile dedicarci un momento di piacevole, divertente e soprattutto gustoso relax.



venerdì 16 agosto 2013

Web, NORTON "consiglia" la sua protezione. Ma qual'è la minaccia reale?

In certe zone delle città metropolitane (da nord a sud, senza distinzione), chi gestisce attività commerciali viene fatto spesso vittima del racket delle estorsioni che usa un linguaggio inizialmente "morbido". La sostanza è: «Se paghi (una cifra in percentuale sul fatturato), non ti succede niente, se no...». La forma, invece, è diversa: «Se vuoi "assicurarti" la nostra protezione contro vandali e delinquenti, noi ti aiutiamo, ma vorrai pur darci un contributo, no...?». Davanti alla recalcitranza di qualcuno, poi, il messaggio inizia ad essere meno morbido: «Se preferisci non servirti del nostro aiuto, va bene, ma noi ti abbiamo avvisato, se poi succede qualcosa...». L'altro passaggio è alle vie di fatto: proiettili nelle vetrine, saracinesche che saltano, incendi a dir poco sospetti...
Quel che ho notato, da un po' di tempo, è una tecnica molto simile, almeno nella fase intimidatoria e riguarda l'acquisto di software antivirus dedicati ai pc di uso comune. 
La generalità di coloro che acquistano un pc, lo fa con pacchetti di software precaricati, che quasi sempre comprendono anche l'antivirus. E generalmente si tratta di un antivirus di marca NORTON.
Io, da semplice utente (non esperto informatico), ho osservato che si tratta di una "protezione" che occupa molta memoria, rende il pc molto meno veloce e, di solito, offerto gratis in fase di vendita del pc, dopo diventa parecchio costoso attraverso i cosiddetti "aggiornamenti" del database dei virus nuovi e delle varie minacce alla sicurezza del computer. 
Tuttavia gli antivirus di marca NORTON non sono gli unici, da poter utilizzare. Sia a pagamento, sia anche gratis, sul web esiste una pluralità interessante di software che rendono immune il pc dalle minacce presenti in rete. Hanno un "peso" decisamente minore e sono efficaci almeno alla stessa maniera.
Sarà per battere la concorrenza, sarà per assicurarsi la leadership sul mercato, fatto sta che NORTON ha adottato una tecnica basata su intimidazioni e minacce vere e proprie, per garantirsi la propria fetta di mercato o per incrementarla.
Accade così, che dopo aver disabilitato l'antivirus (è impossibile rimuoverlo del tutto dalla memoria del pc, pur rendendolo inerte), arrivino messaggi minacciosi tipo quello che adesso Vi sottopongo:
Cito testualmente:
«Il computer è a rischio. Durante l'ultima scansione nel computer sono state trovate minacce ad alto rischio. Per rimuovere queste minacce è necessario un prodotto per la sicurezza Norton completo. E' altamente consigliabile correggere immediatamente queste minacce, prima che si verifichino perdite di dati, furti di identità o altri danni».
Intanto si parla di "ultima scansione"...chi sa di aver disabilitato il NORTON, sa che non può aver fatto scansioni, prima, ma il dubbio comincia ad insinuarsi.
Oltretutto siamo di fronte ad una vera e propria minaccia di danneggiamento e di furto di identità, per quanto "velata".
Chi cerca comunque di non cascarci, per evitare rischi penserà di cancellare il messaggio e di premunirsi di effettuare una scansione della macchina attraverso l'antivirus di propria scelta. Ed è qui che si accorge dell'invasività di questo messaggio di NORTON. L'unico modo per chiudere la finestra è effettuare una scelta tra "Correggi" oppure "Non correggere le minacce". E' il tentativo estremo per insinuarsi nelle scelte dell'utente, a proprio vantaggio. 
La sollecitazione FORZATA all'acquisto riguarda un pacchetto "completo" dell'offerta antivirus di NORTON, proposta come "consigliata" rispetto a quella standard, precaricata all'atto dell'acquisto della macchina.
Non so Voi come la vedete, ma questa, per me è estorsione.

Estate e Ciclamini, riparte la tradizionale festa di Meano


MEANO - Tutto pronto per la 47esima edizione della tradizionale "Festa del Ciclamino". Il via a partire da venerdì 23 agosto, con appuntamento ai blocchi di partenza alle 19:30. 

La cornice dedicata all'evento resta sempre quella ideale dell'omonimo "Parco Ciclamino", nato come struttura dedicata alla festa e poi diventato una istituzione a Meano, anche per altre manifestazioni. 

Tanto per iniziar bene, il Comitato Festeggiamenti capitanato da Renzo GAZZI, coadiuvato dal figlio Marco, Vi dà il benvenuto con la cena di apertura. A seguire, la stessa sera, non mancherà musica dal vivo e DJ dedicati. 

Dal 23 in poi il tutto si snoderà, come di consueto, attraverso una interminabile lista di momenti particolari, da quelli musicali arricchiti da diversi gruppi (esordienti e no) a quelli sportivi. E' previsto infatti, oltre alla classica "Sgambettada del ciclamino" (domenica 25 agosto, partenza alle 09:00, premiazioni alle 11:00; due i percorsi, da 4 e da 9 chilometri, corsa podistica non competitiva; iscrizioni dalle 08:00 alle 09:20 presso zona di partenza), anche una gara di minicross e un torneo di calcio categoria "esordienti". Si tratta, nello specifico, di due memorial. La gara di minicross, prevista per sabato 31 agosto alle 09:45, è dedicata alla memoria di Silvio Remedi, mentre il torneo di calcio, la domenica seguente alle 9:00, è dedicato a Ezio Da Riz e Serse Balest. 
Tra i vari momenti dedicati alla musica, quest'anno è prevista una serata molto particolare, dedicata alla fisarmonica. 
la fisorchestra "Rossini" al completo
fonte: http://www.fisorchestra-g-rossini.it/
Martedì 27 agosto, alle 20:45, infatti, saranno ospiti speciali gli artisti della Fisorchestra "G. Rossini", diretta dal Maestro Ernesto Bellus. Il gruppo, in tournée già da un po', è tra i pochi veramente validi che promuovono questo tipo di musica che, a dispetto dei luoghi comuni, non è soltanto di tipo popolare, ma si fa portatore di valori musicali e artistici molto specifici ed anche difficili da diffondere. E, tanto per non sottovalutare anche l'aspetto tecnico, la fisarmonica è uno degli strumenti più difficili da suonare, perché richiede oltre a tanto fiato anche una particolare "sintonia" tra l'artista e lo strumento.
il gruppo teatrale "Fon Teatro"
fonte: www.agordo.net pro-loco di Agordo
Nel corso dei festeggiamenti, quest'anno, è previsto anche un momento teatrale, basato sul folklore e sulla cultura locale. Il gruppo si chiama "Fon teatro". A Meano si esibirà per la prima volta, portando in scena un'opera dal titolo "L'eredità dela pora Sunta". Non diamo anticipazioni per non rovinare la sorpresa, ma riteniamo che valga la pena di non perderseli.
Per restar fedeli alla tradizione, due sono i momenti "topici" della kermesse, uno di tipo culinario e l'altro ludico. E non mancheranno entrambi: dal mitico spiedo (e quest'anno esordisce anche il cinghiale), alla pesca con i numeri "a sorpresa", fino all'estrazione della lotteria alle 22:30 di domenica 1° settembre. 
Qui di seguito Vi indichiamo come raggiungere il "Parco Ciclamino", che arriviate da Feltre , da Sospirolo o da Belluno. La fonte è Google Earth.
Da una visione dall'alto, potete osservare l'area cerchiata, che il punto in cui si sale verso Meano:
Dall'area cerchiata, la prossima immagine Vi mostrerà dove dirigervi:


Seguendo a questo punto la strada nel suo corso naturale, arriverete a Meano, le due immagini qui di seguito Vi mostreranno l'ingresso all'area del "Parco Ciclamino".

Auguriamo a tutti buon divertimento e buona festa!

mercoledì 19 giugno 2013

Sistema economico e tecnologia: dipendenza da "scorciatoie sociali"

L'indigeribile pesantezza dell'essere a questo mondo sta determinando l'abuso di "scorciatoie digestive" che, sostanzialmente, rendono l'esistenza ancora più indigesta.
Vado ad argomentare ciò che, in una maniera sintetica e con qualche bisticcio di parole, è il senso di ciò di cui Vi voglio parlare.
I mali più grandi delle giovani generazioni, sono tanto devastanti quanto invisibili al primo sguardo ed accentuati pesantemente in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo.
Tre brevi premesse:
1.   Lo sviluppo dei processi economici produttivi ha avuto un'accelerazione impressionante, condizionando pesantemente i ritmi di vita di ognuno di noi. E non solo i ritmi temporali, ma anche il sistema di vita e le convinzioni culturali, che si sono fondate sulla rapidità, sulla pianificazione, sulla necessità di prevedere e predisporre in anticipo i propri piani di vita. Siamo obbligati alla velocità per la natura stessa del sistema economico, che esige il più rapido consumo, affinché ci sia un maggior quantitativo di produzione, da realizzare anch'essa nel minor tempo possibile. La mentalità economica e produttiva che si è andata affermando, ha soppiantato ogni metro di valutazione e di giudizio, destituendolo di significato. Il tutto a vantaggio di un "sistema mentale" basato quasi essenzialmente su merci di scambio intese come categorie di pensiero.
2.      I rapporti interpersonali sono diventati completamente "funzionali", finalizzati ad un tornaconto, di qualunque natura esso sia. La loro durata e la loro "tenuta" sono basate sull'oggetto della relazione che, in maggior parte, è condizionato da esigenze a corto raggio, perché inserite in un set di bisogni prodotti dal sistema culturale ed economico vigente. E si spengono rapidamente, non appena le nostre esigenze del momento ci risultano soddisfatte. Salvo essere riattivate, in presenza di ulteriori e nuovi bisogni. Questo ha reso la percezione del rapporto interpersonale come "innaturale" e meritevole di diffidenza e sospetto, laddove dovesse apparire come disinteressato.
3.      Con lo sviluppo della tecnologia (sempre più low-cost - in proporzione al costo che si sopportava non più di venticinque o trent'anni fa svolgendo le stesse funzioni che svolgiamo oggi con gli strumenti che abbiamo - e di facile accesso) le distanze di spazio, ma anche quelle di tempo, si sono praticamente azzerate. Questo ha generato una ubiquità personale della quale non si riesce più a fare a meno, perché è divenuta sistemica nel nostro modo di vivere. Per fare un esempio, è ormai impossibile fare a meno di essere in riunione e, al tempo stesso, trasferire contenuti (immagini, testi o suoni) con un collega di lavoro dall'altra parte del mondo, facendo in modo che questo avvenga letteralmente all'istante. Bisogna che ci pensiate un attimo perché Vi rendiate conto che per quanto tutto ciò sembri normale adesso, in realtà non molto tempo fa era del tutto impossibile.
Per quanto impegno possiamo produrre nello scansare le difficoltà che nascono da una relazione interpersonale, non possiamo prescindere dalla nostra "natura" di esseri sociali. La qual natura, se violata, reagisce e si ribella, cercando di ristabilire il proprio equilibrio, spesso in maniera devastante e dolorosa.
Il danno che genera l'ubiquità tecnologica (della quale invece crediamo di beneficiare, paradossalmente), è uno stress da indigestione sociale. Parlo di stress perché è una difficoltà che alimenta se stessa, rendendosi indispensabile a se stessa, contestualmente.
Mi spiego meglio:
gli strumenti tecnologici che oggi sono alla portata di tutti, altro non sono che delle "scorciatoie digestive" che servono ad aiutare la digestione del "disagio relazionale" che essi stessi hanno prodotto, intervenendo all'interno della natura della relazione e sostituendosi a tutto il processo di scambio tra i soggetti. Sono delle protesi che si sostituiscono a qualcosa che, invece, non manca. In natura la capacità relazionale esiste, ma mette in discussione, costringe ad interrogarsi e a mettersi in gioco, obbliga a pensare ed espone al rischio dell'errore e alla conseguente presa di responsabilità. Utilizzando le protesi, tutto cambia: non più margini di errore, nessun rischio personale e certezza del risultato, premesso che per risultato si intende l'ottenimento del beneficio (al netto di costi il più bassi possibile) connesso all'oggetto della relazione, di cui al punto 2 delle premesse sopra esposte.
Il vantaggio apparente che le "protesi tecnologiche" offrono, è l'immediatezza e la rapidità di utilizzo e di effetto ottenuto, cosa che aderisce perfettamente alle esigenze del sistema economico attualmente vigente. In realtà non fanno che rinforzare il danno connesso con il disagio relazionale (dovuto ad una relazione che si realizza in tempi troppo rapidi, perciò non approfondita e maturata), alimentando l'indigestione sociale che l'utilizzatore vorrebbe che risolvessero.
Sostanzialmente ciò che viene azzerata è la relazione interpersonale che, oggi, se esiste lo è soltanto a livello mediato, realizzata attraverso un mezzo che si frappone tra le persone che entrano in relazione. A livello immediato, la relazione interpersonale non esiste quasi più.
Logorandosi la capacità relazionale, di conseguenza va in crisi anche la consapevolezza di sé, perché non è più agevolata dal feedback necessario, sul piano del confronto a due o più persone, in versione "live".
Con la crisi della consapevolezza di sé e dell'esigenza di comunicare se stessi agli altri in maniera "immediata" (cioè non-mediata), è connessa anche la mancanza del bisogno introspettivo che si traduce in una disabitudine prima e, dopo, in un evitamento sistematico, dovuto alla paura di scoprire cose di sé del tutto sconosciute.
Infine, la falsa percezione di poter interagire senza avere il disturbo di dover gestire le difficoltà insite in una relazione interpersonale, aggiunta alla falsa percezione di poter realizzare qualunque cosa senza le difficoltà connesse al tempo e allo spazio necessari, alimenta la tendenza a non voler affrontare e risolvere le difficoltà della vita quotidiana e a servirsi invece di "scorciatoie" pronte all'uso (e senza delle quali si innescano delle crisi di astinenza pesantissime).

Serve riappropriarsi delle nostre coordinate di tempo e di spazio e reimparare a confrontarci, prima di tutto con noi stessi. Dopo con gli altri. Serve reimparare a "pensare", senza la paura di che cosa troviamo all'interno dei nostri pensieri. Serve un cambio di mentalità, riprogettando le nostre relazioni. Serve liberarsi dalla schiavitù di un sistema che abbiamo realizzato e che ci ha creato una dipendenza pericolosissima.

mercoledì 8 maggio 2013

L'Android-Era, l'annullamento del continuum spazio-tempo e cosa rischiamo di diventare.


Ci siamo mai chiesti che senso ha avere la chiara dimensione e percezione del luogo in cui ci troviamo? Ci siamo mai posti il problema di capire che relazione c’è tra noi e il luogo che stiamo occupando in un dato momento?
Probabilmente la risposta è no, data la frequenza con la quale ci spostiamo da un luogo ad un altro, senza prestare un’attenzione maggiore di quella dovuta al momento specifico.
Solo in momenti in cui si destabilizza il fragile equilibrio dettato dal luogo comune per cui ogni spazio ha una funzione specifica e ben circoscritta, solo quando qualcosa o qualcuno interrompe il flusso veloce delle relazioni che in un dato luogo si realizzano comunemente e ripetitivamente, accade di interrogarsi. Il massimo che facciamo, però, è cercar di capire chi o che cosa è “fuori luogo” e perché.
Il logorìo delle relazioni che stabiliamo con gli spazi che frequentiamo parte dalla frenesia, per arrivare alla realizzazione del “non-luogo”;
inizialmente la relazione che stabiliamo con i luoghi che frequentiamo è pressoché psichedelica, dura il tempo necessario ad assolvere ad una data funzione, dopodiché tutto si spegne. E questo può spiegarsi con la velocità con cui siamo costretti (o costringiamo noi stessi) a vivere le nostre giornate.
Successivamente, però, alla frenesia dettata dalle varie cose che abbiamo da fare, a mano a mano che prendiamo padronanza dei compiti che ci spettano ogni giorno, si sostituiscono le scorciatoie che attiviamo ogni volta che ci è possibile. E riusciamo a vivere la nostra vita anche in luoghi lontani da noi, addirittura inesistenti, virtuali, nei quali si generano le stesse conseguenze che si genererebbero nello stesso istante, se noi fossimo fisicamente presenti. Provate anche solo a pensare a quello che accade, ordinando una pizza attraverso la pagina facebook della pizzeria, dopo averla rapidamente scelta attraverso il menu “on-line”.
Il problema è che, però, noi non possiamo prescindere dalla relazione che fisicamente abbiamo, sia con il tempo, sia con lo spazio, perché sono coordinate insite alla nostra stessa condizione umana.
Nonostante ciò, siamo oggi nella possibilità di dominare entrambe le coordinate…o almeno questo è quanto a noi sembra di riuscire a fare.
Avete mai provato a vedere quanto riuscite a resistere fermi in uno stesso luogo, senza voler scappar via dopo i primi minuti necessari per capire cosa potreste fare o cosa avete anche terminato di fare? Pensate ad una chiesa per esempio o ad una sala riunioni o semplicemente passeggiando lentamente lungo una strada. Dopo qualche minuto Vi prende una irrefrenabile voglia di andar via o di fare altro, se in quel dato momento non riuscite a percepire subito una ragione secondo Voi valida.
Non pensereste mai, nell’immediato, che la ragione valida per “restare” in un dato luogo possa essere, semplicemente, quella di metabolizzare la relazione che Voi stessi avete con quel luogo specifico. A meno che non siate stati Voi stessi a decidere di fermarVi a indagare su questa cosa. Pensate a quando Vi capita di entrare in una chiesa: se lo fate per così dire “incidentalmente” (magari per far compagnia ad un amico che Ve lo chiede) è un conto; dopo un po’ non vedrete l’ora di scappar via. Altro però è se siete appassionati di arte e siete Voi, in un dato momento, a decidere di recarVi ad osservare gli affreschi sulle pareti.
Badate, ciò di cui parlo non è collegato a quanto accade in conseguenza dei nostri desideri, ma a quanto accade in conseguenza delle decisioni che prendiamo frequentemente e meccanicamente, senza più farci caso, data la routine a cui siamo ormai assuefatti. Postulando, perciò, una distanza tra i nostri desideri e le nostre decisioni, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Tutto questo per dire che non sempre accorciare le distanze migliora la qualità della nostra vita. A qualcuno sembrerà una colossale ovvietà, ma sono convinto che non tutti ci fanno caso. Ed è per gli altri che scrivo.
Una volta da ragazzi, noi stabilivamo una relazione particolare con la nostra cameretta, qualcosa di intimo, di privato, quasi di…“sacro e inviolabile”. Oggi un ragazzo non ne sente più il bisogno, perché la propria…“intimità” è racchiusa nei gb del proprio i-phone con tutte le funzioni che possiede.
La relazione che oggi si stabilisce con lo spazio, è dannatamente “virtuale”: dannatamente perché diventa reale nelle conseguenze finali che alla lunga prendono il sopravvento sul piano valoriale, rispetto al “percorso” necessario per raggiungerle.
Un ragazzo gestisce la relazione tra se stesso e la propria stanza in chat, piuttosto che con la propria piattaforma facebook, oppure su un blog. Col vantaggio (apparente) di poterlo fare in qualunque momento, entrando e uscendo dai suoi spazi, tutte le volte che lo dovesse decidere.
Non è vero che è un vantaggio.
Quando ero ragazzo, in camera ci restavo a fare i compiti, oppure quando ero malato. Per qualcuno “rimanere in camera propria” poteva anche rappresentare una punizione. Oppure ci si restava per non ascoltare i discorsi dei “grandi” in salotto…i tempi di permanenza in un luogo erano dettati da regole che erano collegate con singoli momenti di vita e che aiutavano a scandire gli stessi momenti e ad assaporarne il significato e a metabolizzare certi valori che anche così passavano all’interno dell’educazione e della formazione personale.
Praticamente spazio e tempo erano due coordinate che ci accompagnavano “insieme”. Ed insieme ci davano la possibilità di interiorizzare le relazioni che stabilivamo sia con le persone, sia con i ruoli che esse ricoprivano, sia con la nostra “posizione” all’interno di ogni singolo contesto.
Andare a separare spazio e tempo fino al punto di avere l’illusione di riuscire a fare a meno di entrambi, adesso, determina una confusione di momenti, di ruoli e anche di personalità, alla quale è molto difficile porre rimedio. Anche perché sul piano percettivo non si sente il bisogno di rimediare a nulla.
Sul piano percettivo il luogo si confonde con il non-luogo, quello virtuale. Ed è quest’ultimo ad essere preferito, perché è quello dietro il quale ci si può nascondere a piacimento, “senza correre il rischio di esporsi”. Possiamo essere chiunque dietro a un monitor o a un piccolo lcd, non dobbiamo “preoccuparci di dover necessariamente apparire credibili”. Questo ci pone di fronte alla prospettiva di poter mentire e di non doverci necessariamente assumere certe responsabilità, con la certezza di uscirne impuniti.
Fortunatamente anche le comunità “virtuali” stanno affinando le proprie regole di comportamento, ma non è la sostanza che cambia.
Oltretutto, la possibilità di arrivare ovunque e in qualunque momento, ci priva della possibilità di “vivere” il percorso, il “passo-dopo-passo”, le difficoltà insite nella strada che ci porta da una parte all’altra, da un momento all’altro. Regalandoci, di contro, l’illusione di poter “viaggiare” senza alcuna difficoltà. E siccome inevitabilmente ci tocca poi scontrarci con la realtà (almeno finché il teletrasporto non diventi cosa concreta e comune), la disabitudine a gestire certe difficoltà, ad assaporare i singoli momenti e i singoli spazi, a lasciarceli “vivere” dentro, ci rende degli androidi molto simili a quelli dei nostri smartphone, senza capacità di gestire la nostra emotività, i nostri sentimenti. Il ché non vuol dire annullare sentimenti e emozioni, ma essere incapaci di gestirli. 

venerdì 12 aprile 2013

NET, RETE. L’ERA DELL’HOMO MEDIUM Le cibersinapsi che modificano e condizionano la nostra vita

Una volta si diceva che la televisione rappresentasse l’estensione dei sensi per l’uomo e che per questa ragione diventasse per il suo fruitore una “realizzazione” dell’irreale. In verità i sensi “estesi” erano soltanto vista e udito, per cui si parlava piuttosto di un condizionamento psicologico che portava il telespettatore a credere vero ciò che per lui stesso era stato creato ad arte.
Adesso le cose stanno molto diversamente. La TV è cambiata, sta diventando una sorta di fossile preistorico (con tempistiche estremamente ridotte a causa di un’accelerazione dello sviluppo tecnologico eccessiva per la natura umana), rispetto alle potenzialità che hanno oggi i media a disposizione di tutti. I quali arrivano a farci sentire materialmente presenti in luoghi molto distanti, attraverso la nostra voce e i nostri gesti che generano effetti simultaneamente altrove, dando a noi la possibilità di constatarlo in tempo reale. Io sono qui, faccio o dico una cosa che ha effetti dall’altro capo del mondo e, al tempo stesso, posso verificare quanto succede.
Oggi, dunque, c’è molto più che la TV. Pensare e agire sono diventate una cosa sola; l’esigenza attuale è quella di essere in grado, in sessioni di comportamenti multitasking, di pensare, agire e constatare gli effetti finali, tutto nello stesso arco di tempo.
Stiamo diventando il medium di noi stessi, fino al punto da essere noi stessi a sostituire il medium, modificandone la natura. Passando, cioè, dall’utilizzo di strumenti con una funzione di collegamento, di intermediazione, ad una febbrile dipendenza da “connessione”.
Non è più una questione di comunicazione, ma di mero bisogno di sentirsi connessi. Con tutto e con niente. Con tutti e con nessuno. L’esigenza non è più la relazione con l’altro, ma la relazione con l’elemento relazionante, con la rete. Con lo spazio virtuale. Che è tanto virtuale nella sostanza, quanto reale negli effetti finali.
Il danno maggiore deriva proprio dal fatto che gli effetti finali, reali e concreti, nascono in uno spazio indefinibile, non circoscrivibile e non vivibile. Ciononostante è uno spazio che c’è e raccoglie al suo interno le moderne sinapsi di ognuno di noi. Questo costituisce un danno, perché genera un allontanamento dalla realtà, simultaneamente alla sensazione opposta di padroneggiarla.
Non ci accorgiamo mai di questo danno, finché non proviamo realmente a farci caso, perché le nostre naturali sinapsi si sono trasformate in delle “ciber-sinapsi”, letteralmente vitali, indispensabili alla vita quotidiana.
Alla stessa maniera in cui nessuno di noi “vede” (né sente il bisogno di vedere) materialmente lo spazio in cui si mettono in moto le connessioni tra i propri pensieri e tra il cervello e le proprie azioni, nessuno di noi “vede”, né sente il bisogno di vedere lo spazio in cui si mettono in moto le proprie cibersinapsi che si concretizzano nell'utilizzo di multiconnessioni con reti informatiche e supporti elettronici. E nemmeno sente il bisogno di osservare materialmente la dinamica con cui le proprie ciberazioni si concretizzano, partendo dalle cibersinapsi.
È per questo che la cosiddetta realtà virtuale non ci appare più così virtuale, ma effettivamente realistica.
Ciò che conta, adesso, per noi, è che le connessioni funzionino e siano soddisfacentemente veloci da permettere di agire nel ciberspazio come desideriamo.
Naturalmente tutto ciò si riflette in ogni ambito della nostra vita, perciò è ugualmente importante sia per quanto concerne la nostra vita privata, sia per quanto concerne la vita professionale e lavorativa.
E siccome nel mondo del lavoro, tutto questo accelera il processo produttivo, la pubblicità e tutto quanto gira intorno a realtà commerciali, punta essenzialmente sulle cibersinapsi del proprio mercato di riferimento, non facendo altro che rinforzare l’effetto illusorio della virtualità e i meccanismi di dipendenza da connessione.
Siamo noi, adesso, a rappresentare l’elemento di congiunzione tra i vari supporti elettronici che ci permettono di far funzionare le nostre moderne sinapsi. Siamo noi ad attivare le diverse funzioni che ci permettono di interagire con lo spazio virtualreale. Perciò siamo diventati noi il medium di noi stessi, a patto naturalmente che i supporti che utilizziamo funzionino.

lunedì 1 aprile 2013

Scuola serale feltrina, tra dirigenti burocratizzati, educatori appassionati e alunni inviperiti e determinati

foto da google maps (street view)

La preside del Forcellini/Negrelli
Costantina Facchin
(foto tratta dal sito web scolastico
http://www.negrellischool.it)
FELTRE – Comunicato del 20 marzo scorso, a firma della professoressa Costantina Facchin, dirigente scolastica del complesso formato dall'istituto Forcellini (ITG) e dal Negrelli (ITIS), due grandi edifici distanti qualche centinaio di metri l'uno dall'altro: due righe e, con un colpo di spugna, via il corso serale per geometri, da un complesso all’altro, entro il 3 di aprile. Un’operazione-lampo, quasi per non dare il tempo di replicare a nessuna delle parti in gioco: docenti e alunni in primis. Esemplare in fatto di buon senso e democratico dialogo! Motivazione addotta: risparmiare sulle spese del riscaldamento! Geniale, proprio a inizio aprile quando ormai non serve quasi più! Geniale anche per le tempistiche, perché solo la mente di un “genio” può prendere una decisione simile a meno di tre mesi dagli esami di stato, in tempi brevissimi, con tutti i problemi che derivano da un trasloco forzato di questa specie:
1      Compromessa la continuità didattica, specie per gli alunni di 5a, prossimi alla maturità;
2      Due scuole diverse, due software didattici diversi, con le conseguenze che anche un infante può immaginare;
3      Vai e vieni di attrezzature costose ogni giorno, da un edificio all’altro (a scuola si va per far lezione, professoressa Facchin, se lo ricorda?);
4      Trasloco e promiscuità delle due biblioteche, per natura profondamente diverse tra loro;
5      Un’aula di topografia da cancellare e da rifare dall’altra parte (e ai ragazzi del corso diurno cosa resta?);
6      Aule proprie del “serale” al Forcellini VS spazi condivisi al Negrelli.
Comunicato del 21 marzo, a firma Walter Guastella (Segr. gen.le FLC CGIL Belluno): apprendiamo che la decisione di trasferire il serale da un edificio a un altro, in realtà, fa seguito ad una esplicita richiesta avanzata dall’Ente Provincia, risalente nientedimeno che al dicembre 2012.
Ci sarà un buco di qualche settimana, fino al 20 di marzo 2013, non trovate?
Il comunicato del sindacato focalizza immediatamente un sospetto che deriverebbe dalla “strana” rapidità con cui si vorrebbe portare avanti l’operazione e dalla superficialità con la quale la stessa è stata pensata:
«Sussiste il fondato timore – citiamo testualmente – che questa operazione, decisa in modo verticistico e senza alcuna condivisione con gli studenti frequentanti il corso, possa essere letta da questi ultimi come il segno di una scarsa attenzione nei confronti loro e del loro impegno […] con la conseguenza che gli attuali allievi possano – sebbene inconsapevolmente – svolgere un ruolo di negativa cassa di risonanza, con pesanti ricadute per le iscrizioni al Corso stesso».  Si spinge ancora oltre, Guastella, che, a nome del sindacato, dichiara nel comunicato:«non vorremmo che questa operazione costituisse una sorta di prova generale per un’operazione di portata maggiore: il trasferimento presso l’I.T.I.S. “Negrelli” anche delle classi del corso diurno dell’I.T.G. “Forcellini”».
Da una lettera di protesta degli allievi del corso serale del “Forellini”, si evince che il 26 di marzo si è svolta un’assemblea indetta dagli allievi delle classi 3a, 4a e 5a serale che ha visto partecipare il coordinatore del corso, professor Fabio Sommacal, molti dei docenti interessati dal riassetto scolastico, sia del serale sia del diurno, il presidente del consiglio di istituto Stefano Antonetti ed una rappresentanza sindacale. E, udite udite, special guest “sarebbe stata” la Dirigente scolastica, la professoressa Facchin alla quale è stato mandato l’invito e che, però, non si è vista.
Il giorno dopo, gli stessi allievi hanno cercato un colloquio e, pur essendo stati ricevuti, non hanno ottenuto risposte chiare e soddisfacenti a giustificare il loro trasloco!
Cosa c’è dietro? Chi muove i fili di gambe e braccia della professoressa Facchin? Quale logica spingerebbe di fatto all’azzeramento di una offerta didattica e formativa che, in un periodo di crisi come questo, potrebbe rappresentare una soluzione sul piano professionale per famiglie in difficoltà? Perché tanta fretta e così scarso rispetto per le professionalità in campo, persone che il Corso l’hanno pensato e fatto crescere, fino a far si che rappresenti un fiore all’occhiello della didattica Feltrina?
Corriere delle Alpi - 29/03/2013
La stampa locale ha già fatto da cassa di risonanza più di una volta, gli allievi del Corso serale non sono ragazzini manovrabili, ma menti mature, pensanti e combattive. C’è da aspettarsi risvolti interessanti, per quello che appare, finora un giallo ancora misterioso!