Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

mercoledì 19 giugno 2013

Sistema economico e tecnologia: dipendenza da "scorciatoie sociali"

L'indigeribile pesantezza dell'essere a questo mondo sta determinando l'abuso di "scorciatoie digestive" che, sostanzialmente, rendono l'esistenza ancora più indigesta.
Vado ad argomentare ciò che, in una maniera sintetica e con qualche bisticcio di parole, è il senso di ciò di cui Vi voglio parlare.
I mali più grandi delle giovani generazioni, sono tanto devastanti quanto invisibili al primo sguardo ed accentuati pesantemente in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo.
Tre brevi premesse:
1.   Lo sviluppo dei processi economici produttivi ha avuto un'accelerazione impressionante, condizionando pesantemente i ritmi di vita di ognuno di noi. E non solo i ritmi temporali, ma anche il sistema di vita e le convinzioni culturali, che si sono fondate sulla rapidità, sulla pianificazione, sulla necessità di prevedere e predisporre in anticipo i propri piani di vita. Siamo obbligati alla velocità per la natura stessa del sistema economico, che esige il più rapido consumo, affinché ci sia un maggior quantitativo di produzione, da realizzare anch'essa nel minor tempo possibile. La mentalità economica e produttiva che si è andata affermando, ha soppiantato ogni metro di valutazione e di giudizio, destituendolo di significato. Il tutto a vantaggio di un "sistema mentale" basato quasi essenzialmente su merci di scambio intese come categorie di pensiero.
2.      I rapporti interpersonali sono diventati completamente "funzionali", finalizzati ad un tornaconto, di qualunque natura esso sia. La loro durata e la loro "tenuta" sono basate sull'oggetto della relazione che, in maggior parte, è condizionato da esigenze a corto raggio, perché inserite in un set di bisogni prodotti dal sistema culturale ed economico vigente. E si spengono rapidamente, non appena le nostre esigenze del momento ci risultano soddisfatte. Salvo essere riattivate, in presenza di ulteriori e nuovi bisogni. Questo ha reso la percezione del rapporto interpersonale come "innaturale" e meritevole di diffidenza e sospetto, laddove dovesse apparire come disinteressato.
3.      Con lo sviluppo della tecnologia (sempre più low-cost - in proporzione al costo che si sopportava non più di venticinque o trent'anni fa svolgendo le stesse funzioni che svolgiamo oggi con gli strumenti che abbiamo - e di facile accesso) le distanze di spazio, ma anche quelle di tempo, si sono praticamente azzerate. Questo ha generato una ubiquità personale della quale non si riesce più a fare a meno, perché è divenuta sistemica nel nostro modo di vivere. Per fare un esempio, è ormai impossibile fare a meno di essere in riunione e, al tempo stesso, trasferire contenuti (immagini, testi o suoni) con un collega di lavoro dall'altra parte del mondo, facendo in modo che questo avvenga letteralmente all'istante. Bisogna che ci pensiate un attimo perché Vi rendiate conto che per quanto tutto ciò sembri normale adesso, in realtà non molto tempo fa era del tutto impossibile.
Per quanto impegno possiamo produrre nello scansare le difficoltà che nascono da una relazione interpersonale, non possiamo prescindere dalla nostra "natura" di esseri sociali. La qual natura, se violata, reagisce e si ribella, cercando di ristabilire il proprio equilibrio, spesso in maniera devastante e dolorosa.
Il danno che genera l'ubiquità tecnologica (della quale invece crediamo di beneficiare, paradossalmente), è uno stress da indigestione sociale. Parlo di stress perché è una difficoltà che alimenta se stessa, rendendosi indispensabile a se stessa, contestualmente.
Mi spiego meglio:
gli strumenti tecnologici che oggi sono alla portata di tutti, altro non sono che delle "scorciatoie digestive" che servono ad aiutare la digestione del "disagio relazionale" che essi stessi hanno prodotto, intervenendo all'interno della natura della relazione e sostituendosi a tutto il processo di scambio tra i soggetti. Sono delle protesi che si sostituiscono a qualcosa che, invece, non manca. In natura la capacità relazionale esiste, ma mette in discussione, costringe ad interrogarsi e a mettersi in gioco, obbliga a pensare ed espone al rischio dell'errore e alla conseguente presa di responsabilità. Utilizzando le protesi, tutto cambia: non più margini di errore, nessun rischio personale e certezza del risultato, premesso che per risultato si intende l'ottenimento del beneficio (al netto di costi il più bassi possibile) connesso all'oggetto della relazione, di cui al punto 2 delle premesse sopra esposte.
Il vantaggio apparente che le "protesi tecnologiche" offrono, è l'immediatezza e la rapidità di utilizzo e di effetto ottenuto, cosa che aderisce perfettamente alle esigenze del sistema economico attualmente vigente. In realtà non fanno che rinforzare il danno connesso con il disagio relazionale (dovuto ad una relazione che si realizza in tempi troppo rapidi, perciò non approfondita e maturata), alimentando l'indigestione sociale che l'utilizzatore vorrebbe che risolvessero.
Sostanzialmente ciò che viene azzerata è la relazione interpersonale che, oggi, se esiste lo è soltanto a livello mediato, realizzata attraverso un mezzo che si frappone tra le persone che entrano in relazione. A livello immediato, la relazione interpersonale non esiste quasi più.
Logorandosi la capacità relazionale, di conseguenza va in crisi anche la consapevolezza di sé, perché non è più agevolata dal feedback necessario, sul piano del confronto a due o più persone, in versione "live".
Con la crisi della consapevolezza di sé e dell'esigenza di comunicare se stessi agli altri in maniera "immediata" (cioè non-mediata), è connessa anche la mancanza del bisogno introspettivo che si traduce in una disabitudine prima e, dopo, in un evitamento sistematico, dovuto alla paura di scoprire cose di sé del tutto sconosciute.
Infine, la falsa percezione di poter interagire senza avere il disturbo di dover gestire le difficoltà insite in una relazione interpersonale, aggiunta alla falsa percezione di poter realizzare qualunque cosa senza le difficoltà connesse al tempo e allo spazio necessari, alimenta la tendenza a non voler affrontare e risolvere le difficoltà della vita quotidiana e a servirsi invece di "scorciatoie" pronte all'uso (e senza delle quali si innescano delle crisi di astinenza pesantissime).

Serve riappropriarsi delle nostre coordinate di tempo e di spazio e reimparare a confrontarci, prima di tutto con noi stessi. Dopo con gli altri. Serve reimparare a "pensare", senza la paura di che cosa troviamo all'interno dei nostri pensieri. Serve un cambio di mentalità, riprogettando le nostre relazioni. Serve liberarsi dalla schiavitù di un sistema che abbiamo realizzato e che ci ha creato una dipendenza pericolosissima.

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