Opinioni e Prospettive

In riferimento ad alcuni articoli a sfondo sociologico (specie per quel che riguarda il campo di indagine relativo ai Mass Media), si precisa che i contenuti pubblicati NON sono da intendersi come frutto di specifiche indagini o di studi operati ad hoc (salvo quando diversamente e appositamente riportato). A tal riguardo si specifica che si tratta di semplici opinioni, basate sulla personale osservazione, nata da una prospettiva sociologica sviluppata negli anni di studio e connaturata negli interessi e nello stile di scrittura dell'autore.

sabato 18 aprile 2020

Il corona virus tra l'incognita del "dopo" e le svanite "certezze" sul presente

Si parla e si parlerà ancora tanto di questa maledetta esperienza di emergenza e, forse, trarne spunti di riflessione non fa male.

Qual'è l'elemento psicologicamente più devastante, che colpisce la collettività in una situazione critica come quella dell'emergenza causata dal Covid19?

A mio avviso vanno individuati due fenomeni:

1) senso di smarrimento per il collasso di tutte le certezze precedentemente riposte nei "sistemi esperti";
2) conseguente senso di panico, in riferimento alle prospettive, sul medio/lungo periodo.

Proverò a darne spiegazione qui di seguito.

È certamente noto che l'origine della paura è la non-conoscenza. Ciò che non si conosce e si avvicina all'universo noto, viene naturalmente percepito, per istinto di conservazione, come una minaccia alla stabilità  (spesso solo presunta) del sistema in cui si vive.
Dalla prima percezione poi, si apre un ventaglio di possibilità che (a mano a mano che i due universi  interagiscono) va dalla persistenza del senso di minaccia che innesca dinamiche di difesa, alla scoperta dell'assenza di reali minacce che al contrario genera una distensione progressiva e l'inizio di una relazione di scambio.
Queste dinamiche valgono sia a livello individuale, sia a livello dei piccoli o grandi gruppi di persone.

I più cinici e disincantati direbbero che, sebbene sembri sempre più accreditata l'ipotesi per la quale il virus non sia nulla di naturale, ma il frutto di lavori di laboratorio,
l'evento in sé rientra in effetti nel naturale inevitabile collasso di un sistema circolare di evoluzione, portato al livello massimo di sviluppo.

Quella che una volta veniva definita infatti come "fiducia nei sistemi esperti" e che veniva data per inevitabile e scontata, ha recentemente dimostrato tutti i suoi limiti e punti di debolezza, in quanto spinta a livelli estremi di "affidamento", coinvolgendo non soltanto gli utenti finali, ma anche i tecnici addetti alle procedure di controllo che, per pigrizia, scarsa conoscenza, presunzione, sono venuti meno alla loro funzione, ritenendo anch'essi di potersi basare sulla perizia dei predecessori.

La cosiddetta "fiducia nei sistemi esperti" è quella condizione di serenità (per la verità inevitabile ancora oggi, nonostante tutto) che deve essere garantita alle persone, perché deve essere basata sul fatto che i sistemi dei quali ci serviamo per la vita di tutti i giorni, debbano fondarsi su perizia, scienza e conoscenza necessarie per garantire efficienza, funzionalità e sicurezza.
Per fare un esempio, un "sistema esperto" può essere tutto il complesso di conoscenze, pratiche e procedure che garantiscono all'utente finale la tranquillità con la quale sale su un treno della metropolitana e giunge a destinazione, senza doversi preoccupare del fatto che il macchinista conosca effettivamente il suo mestiere oppure che tutte le viti e tutti i bulloni siano effettivamente al loro posto.
Oppure può essere tutto il complesso di conoscenze e azioni (soprattutto di controllo tecnico) che permettono a un autista di passare su un viadotto, senza doversi preoccupare della propria e dell'altrui sicurezza.

La fiducia nei sistemi esperti coinvolge tutti gli ambiti della vita umana, dalla medicina all'economia, ai trasporti, alla filiera di produzione di beni di consumo, alla pubblica amministrazione, alla politica...e così via.

Come per qualunque sistema spinto all'estremo, se le dinamiche di controllo iniziano a essere difettose, qualcosa sfugge.

Può valere il caso Cernobill, per esempio. Oppure, nel caso del corona virus, facile immaginare che qualcosa sia andato storto, negli ambienti dei laboratori chimici.

Quando si generano fenomeni di tale portata, indipendentemente dalle restrizioni che si possano generare alla libertà personale (ricordo ancora che, nel caso di Cernobill, per un po' non si usciva di casa), la sensazione di panico diventa pericolosa, perché diventa pervasiva, coinvolgendo tutti gli ambiti nei quali le persone svolgono la propria vita.

Venendo meno la fiducia nei sistemi esperti, da una parte e non avendo gli strumenti per gestire le situazioni che inevitabilmente vanno affidate a tali sistemi, dall'altra, la sensazione di sfiducia e di panico può diventare paralizzante, perché si riflette non solo nell'immediato, ma anche nelle prospettive future.

Quando la responsabilità del controllo viene affidata a persone irresponsabili e ciniche, interessate a ruoli di comando solo per il conseguente prestigio, ignorando il senso di responsabilità e lo spirito di servizio che dovrebbe loro competere, si aprono le peggiori falle nei sistemi.

Quella che il Papa ha sempre denunciato, stigmatizzandola come "cultura dello scarto" è un sistema di abitudini di vita basato essenzialmente sul profitto fine a sé stesso.
Cresciuto e sviluppatosi negli anni, è diventato un sistema onnicomprensivo che ha coinvolto ogni ambito della vita umana, consolidandosi come unica logica motivante, legittimando se stesso e gli "scarti" che ne conseguono, indipendentemente dal fatto che la collocazione nella dimensione di "scarto" possa riguardare oggetti o "persone".
Secondo la logica del profitto, nella miope modalità "fine a se stesso", viene considerato secondario, accessorio, evitabile (fino ad essere del tutto ignorato) ogni processo di verifica e controllo della tenuta e della durabilità nel tempo dei sistemi esperti.

Occorre recuperare tutta una gamma di dimensioni dimenticate che regolavano ed ispiravano le condotte umane.
Occorre recuperare la dimensione stessa di "esseri umani", alienata in logiche di mero profitto.

La logica del profitto non è il male assoluto, di per sé vale però solo se NON è fine a se stessa, ma se si sviluppa in un percorso delimitato da binari "certi" da seguire, altrimenti si deraglia. Occorrono CERTEZZE INCROLLABILI che non possono essere considerate "accessori" eludibili.

Le certezze che servono sono principi che nascono dall'etica, dall'altruismo, dalla "bellezza" delle opere compiute, dallo spirito di responsabilità verso le conseguenze delle proprie azioni sugli altri, dalla soddisfazione di saper anche "rinunciare" a qualcosa, se ne giova l'intera collettività.
E queste cose diventano CERTEZZE solo nel momento in cui sono percepite individualmente come indispensabili obblighi di coscienza.

Occorre recuperare il senso di "certezza" e l'affidabilità reciproca, ragionando nell'ottica per la quale azioni singole hanno effetti globali inevitabili.

Nessun commento:

Posta un commento

La pubblicazione dei commenti è soggetta alla valutazione discrezionale dei contenuti e della forma espositiva.